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Il Golpe di Stato in Venezuela non era un golpe

Juan Guaidò (s) e Leopoldo Lopez (d)

Juan Guaidò (s) e Leopoldo Lopez (d)

Provare a fare un golpe di stato in Venezuela da un ponte nella zona dei ricchi di Caracas, con due veicoli anti-sommossa ed una quindicina scarsa di soldati ha lasciato gli Stati Uniti in un vicolo senza uscita. Il tentativo è stato un disastro militare e politico per gli statunitensi e la destra venezuelana, riconosciuto da gran parte dei media del mondo. Le diverse analisi, superficiali e affrettate, cambiavano nella forma, però, in sostanza, ammettevano sia che le Forze Armate Bolivariane sono assolutamente allineate con il Presidente Nicolas Maduro, sia che i golpisti non sono riusciti a motivare la rivolta delle forze armate.

Una settimana dopo essere stato testimone oculare del fallito golpe, posso avventurarmi ad affermare che la destra ha sempre saputo di non avere l’appoggio militare per un golpe. La coscienza di non poter contare con questo appoggio mi permette  di classificare l’azione come suicida.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno bisogno di sangue oppositore sulle strade per dare un nuovo significato al racconto che hanno costruito sul Venezuela. L’auto proclamazione si è sgonfiata molto rapidamente. L’assoluta mancanza di carisma ed esperienza politica non hanno permesso a Guaidò di costruirsi come un leader capace di motivare, neanche i diversi settori contrari al governo bolivariano. Se non riesce ad accattivarsi la sua gente, come può guidare le Forze Armate Nazionali Bolivariane?

Perché possa avvenire un golpe di stato in qualsiasi luogo del mondo ci sono due elementi basici che non possono mancare: l’appoggio di un settore significativo della popolazione e quello delle forze armate. La destra venezuelana non ha né l’uno né l’altro. Per questo, la decisione di dichiarare un golpe di Stato, a pochi metri da una base militare, senza averne l’appoggio. L’obiettivo non era cooptare i militare che erano nelle caserme, ma provocarli. Le dichiarazioni di Leopoldo Lopez e Juan Guaidò alle 5 del mattino proclamando il golpe, hanno generato immediatamente una vigorosa copertura internazionale in diretta di quello che sarebbe dovuto essere una virulenta risposta armata del governo, iniziando quasi un Caracazo 2.0.

Ciò che loro non si aspettavano era la reazione da scacchista del Presidente Nicolas Maduro. Appena entrata in scena quella che in realtà era la rappresentazione di un golpe, il Presidente ha ordinato ai militari della base La Carlota di non rispondere in nessun caso alle provocazioni. Al posto di trattarlo come un golpe di Stato, – sapendo che i provocatori avevano appena il controllo di 200 metri quadri su di un ponte – è stato trattato come un caso di ordine pubblico. Per questo la reazione è stata quella della Guardia Nazionale Bolivariana (GNB) e non dell’Esercito. La GNB è l’istituzione pubblica responsabile di questo tipo di eventualità. Ha l’equipaggiamento e l’addestramento per disperdere ciò che era una agglomerazione di delinquenti armati che incitavano alla sollevazione popolare, che non è mai avvenuta.

Le imprese internazionali di comunicazione stavano vendendo di nuovo un prodotto, senza consegnarlo ai loro clienti. Il 30 aprile non c’è stato un massacro di civili, neanche bombardamenti o dispersi. Così come il 23 febbraio di quest’anno, al suono di Juanes e di uno stonato Miguel Bosè, i falsi aiuti umanitari scortati da un violento gruppo di paramilitari che hanno finito per bruciare i camion sul ponte, hanno obbligato al “mea culpa” il New York Times. Le azioni guidate da Guaidò sono fallite.

Alle 10 del mattino, cinque ore dopo le dichiarazioni di Guaidò e Lopez, le azioni si sono divise in due diversi punti, ognuno con il suo specifico obbiettivo. Mentre migliaia di manifestanti nella piazza di Altamira, zona dell’elite economica oppositrice, ascoltavano Guaidò, paramilitari armati hanno iniziato un assedio alla base La Carlota. Hanno smantellato parte delle recinzioni esterne di protezione, aspettandosi che in quel momento i militari reagissero. La reporter di Telesur, Madeleine Garcia, è riuscita a registrare il momento esatto in cui i militari hanno salutato e hanno dato la mano ai paramilitari chiedendo molto tranquillamente che si ritirassero dalla base. Sì, tranquillamente ed educatamente, non sono caduti nella provocazione. Compivano ordini diretti del loro Comandante in capo. L’assedio è durato alcune ore. Da posizioni privilegiate i cecchini sparavano sui militari. Tra colpi di armi corte e lunghe, 8 militari sono stati feriti, alcuni gravemente. Le forze armate si sono mantenute saldamente agli ordini del presidente e non hanno risposto.

Nonostante le immagini dell’investimento da parte di un blindato contro un gruppo di paramilitari armati che lo circondavano per bruciarlo con le bombe molotov, e alcuni feriti con proiettili di plastica e bombe di gas lacrimogeno, il saldo è stato sorprendente. Il giorno del tentativo golpista non ci sono stati morti. Quello che le imprese private di comunicazione non hanno mai fatto vedere sono state la più di centomila persone che, auto convocate, sono uscite a proteggere il Palazzo di Miraflores. Il racconto si è costruito solo da un piccolo ritaglio di realtà: lo scontro tra l’opposizione e la Guardia Nacional Bolivariana.
I morti ci sono stati il giorno dopo, il 7 maggio, la procura venezuelana ha comunicato un totale di cinque morti, 233 feriti e 18 ordini di cattura.

Il fallimento di Guaidò nel generare uno spargimento di sangue nel paese, nonostante i morti e i feriti, ha confuso parte dell’opinione pubblica consumatrice della stampa internazionale, ed ha contribuito alla vittoria della comunicazione del Presidente Maduro. I giornalisti e l’opposizione hanno dovuto ammettere pubblicamente che le Forze Armate sono fedeli alla Costituzione e, di conseguenza, al suo Comandante in Capo. Gli analisti hanno passato giorni facendo congetture e inventando scuse per giustificare la “fedeltà” dei militari.

Il prossimo passo del macchinario statunitense è ovvio: l’invasione. La difficoltà nell’applicare la stessa ricetta bellicista statunitense è che non esiste consenso tra ciò che l’alto comando civile degli Stati Uniti, Colombia e Brasile e l’alto comando militare. Duque, Bolsonaro, Bolton e Abrams hanno dato tutti i segnali di appoggio ad una soluzione militare straniera. Il problema è che la tecnocrazia militare sa che entrare in Venezuela sarebbe una guerra senza quartiere. L’alto livello di addestramento militare, la tecnologia ed i milioni di miliziani e gruppi paramilitari chiamati “colectivos” che appoggiano il governo, trasformerebbero l’ingresso di qualsiasi forza straniera in un massacro. Qualsiasi venditore di gelati, giovane in moto, pensionata o portiere di un palazzo può essere una persona addestrata militarmente per far fronte a un’invasione. Per vincere in Venezuela non basta prendere Miraflores, bisognerà assassinare milioni di uomini e donne che nonostante il disumano blocco economico, sono disposti a dare la loro vita per difendere la Rivoluzione Bolivariana.

Il fallito golpe di stato ha prodotto una chiamata telefonica assolutamente inusuale tra Putin e Trump. Per un’ora hanno parlato di diversi temi che sono serviti come velo per nascondere l’importanza di ciò che è successo qualche ora prima in Venezuela. La verità è che Venezuela vanta moltissimi investimenti russi e cinesi. Le continue dimostrazioni di appoggio di entrambe le potenze hanno frenato i desideri di generare un altro genocidio in America Latina e nei Caraibi.

Se analizziamo le variabili storiche e attuali, la cosa più probabile è che gli Usa facciano pressioni affinché Colombia usi i suoi potenti e temuti gruppi paramilitari con supporto logistico e dello Stato per entrare extra ufficialmente in Venezuela e implementino una strategia simile a quella siriana con l’Esercito Islamico. Il terrore totale e la formazione di gruppi paramilitari venezuelani per tentare di nuovo di ingannare l’opinione pubblica mondiale facendoli passare per giovani che hanno deciso di rischiare le loro vite in favore della libertà. L’escalation di violenze assumerebbe proporzioni non raggiunte dal fallito golpe e guadagnerebbe appoggio internazionale per un’invasione.

La Rivoluzione Bolivariana ha un’ampia esperienza accumulata nel resistere intelligentemente. Sono ormai 20 anni che supera ogni tipo di destabilizzazione, golpe di Stato, attentati e sicari. A causa del massacro mediatico, il presidente Maduro è stato sotto stimato, pur avendo dato molte dimostrazioni di sapere come rigirare la frittata ai leaders della destra. E’ il peggiore momento per la destra negli ultimi vent’anni; se non fosse per l’esposizione mediatica, non avrebbero occupato nulla di più di un ponte in un quartiere esclusivo di Caracas.

Amauri Chamorro

da Cubadebate

traduzione di Marco Bertorello

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