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Palestina: i crimini di Israele e lo sterminio del popolo palestinese

Foto: Mohammed Salem / Reuters

Foto: Mohammed Salem / Reuters

I brutali bombardamenti e l’ingresso delle truppe israeliane a Gaza, il 13 maggio, è un’accoppiata che coincide con le più grandi manovre militari ordinate dal governo di Benjamin Netanyahu, finalizzate alla conquista di tutta Gerusalemme e allo sterminio del popolo palestinese, che sopravvive nella più grande prigione a cielo aperto del mondo, come è Gaza.

Queste azioni condotte dal governo di un paese come Israele, la quarta potenza armata più grande del mondo, sono un crimine contro l’umanità, preparato impunemente con la complicità dei suoi soci, come Stati Uniti, Gran Bretagna e altri, considerando che Palestina non ha un esercito e i suoi territori sono sotto occupazione.

Gaza occupa 360 km² e ha due milioni di abitanti, che vivono sotto il più spietato terrorismo di stato applicato da Israele nei territori occupati, dove non solo bambini, donne, anziani vengono assassinati, torturati, uccisi e detenuti, ma anche vengono sistematicamente distrutte le loro case. Far vivere tra le macerie e assediato da terra, mare e aria, senz’acqua, senza elettricità, senza energia, senza cibo, è in realtà obbligare a sopravvivere in un immenso campo di concentramento, un crimine contro l’umanità commesso da Israele davanti allo sguardo complice di buona parte dei paesi del mondo.

Una situazione di ingiustizia, colonialismo, razzismo e apartheid che si è mantenuta dal 1948, quando il territorio palestinese è stato diviso in due parti, in una delle quali è stato creato lo stato di Israele, senza consultare gli abitanti ancestrali che stavano per essere sfollati e poi perseguitati.

Inoltre, le organizzazioni terroristiche ebraiche Hagana, Irgun e altre avevano il compito di “ripulire” la terra, che doveva essere occupata da Israele, bruciando villaggi palestinesi e uccidendo i loro abitanti, come accadde a Deir Yasin, il 9 aprile 1948, dove si è svolto un massacro che è stato registrato nella storia come uno dei più atroci crimini del mondo.

Il pre-attacco in questo momento è iniziato il 7 maggio, quando le truppe israeliane e la polizia hanno impedito l’accesso alla moschea di Al Aqsa, dove i palestinesi hanno cercato di raggiungere per assistere ad una loro cerimonia religiosa. Si stavano anche mobilitando in difesa dei loro diritti e delle famiglie di Sheikh Yarrah, che le truppe israeliane stanno cercando di rimuovere dalle loro case, ereditate dai loro antenati, per consegnarle ai coloni di Israele. Un evidente atto di pulizia etnica, considerato nel diritto internazionale come un crimine di guerra.

Secondo il racconto venduto dalla stampa mondiale, gestita dal potere egemonico, questi bombardamenti iniziati giorni fa sono stati una “risposta” in difesa della popolazione israeliana, ai missili artigianali fabbricati a Gaza, senza nessun potere reale di fuoco di fronte all’enorme arsenale di armi, comprese le armi nucleari, del suo invasore.

I primi missili sono stati lanciati dopo che Hamas ha chiesto al governo israeliano di porre fine alla brutale repressione a Gerusalemme, che ha lasciato quasi un migliaio tra feriti e detenuti. Questo è nascosto dalla stampa di guerra, poiché tace sul diritto alla difesa che il popolo palestinese ha, già che è la vittima, non il carnefice.

Esistono anche versioni di azioni provocatorie utilizzate dai servizi segreti israeliani infiltrati in alcuni settori della Striscia di Gaza, assediati da terra, mare e aria.

Visti gli ultimi avvenimenti, è impossibile dimenticare quel raid del 28 settembre 2000 dell’allora ministro della Difesa, Ariel Sharon, sulla spianata delle moschee della Città Santa, circondato da migliaia di poliziotti e militari, che ha provocato un gravissimo conflitto, dopo che era stato accettato a Gerusalemme il principio della convivenza di due capitali.

Va anche ricordato che durante la guerra dei sei giorni, del 7 giugno 1967, l’esercito israeliano ha occupato la spianata delle moschee di Al Aqsa e la Cupola della Roccia e l’intera città vecchia di Gerusalemme. Mentre lasciava la spianata, l’allora ministro della Difesa, Moshe Dayan, proclamò alla radio: “Questa mattina Tsahal ha liberato Gerusalemme, la capitale divisa di Israele. Siamo tornati nel più sacro dei nostri luoghi santi e non ne saremo separati mai più”.

In quei giorni del settembre 2000, Sharon si aggrappava a quel mandato coloniale. Ciò ha dato origine a una nuova intifada palestinese, sostenuta da grandi manifestazioni nelle capitali arabe e musulmane, nei diversi paesi del Golfo. La solidarietà non è mai stata così forte poiché la Moschea di Al Aqsa è il terzo sito sacro, per arabi e musulmani.

Manovre militari

In coincidenza con la drammatica situazione che si sta vivendo, il 9 maggio l’esercito di occupazione israeliano ha dato il via alle cosiddette manovre militari dei “Fire Vehicles”, le più grandi della sua storia, che si svolgono parallelamente al discorso israeliano sull’esistenza di un vuoto politico e isolamento nelle istituzioni militari e di sicurezza. Un vuoto autoritario.

O Heller, corrispondente per gli affari militari del Canale 13 israeliano, ha affermato che “tutto questo sta accadendo nell’arena palestinese, mentre l’esercito israeliano lancia la più grande manovra della sua storia, annunciata dal capo di stato maggiore, Aviv Kochavi”.

Inoltre, l’alto ufficiale israeliano Kochavi ha deciso di non annullare o posticipare la manovra “per preparare l’esercito alla battaglia di questa estate. Una manovra che non abbiamo mai visto prima”.

Partecipano le forze armate regolari e di riserva di tutti i comandi e gli armamenti, nonché l’area politica, il Ministero della Sicurezza, l’Autorità nazionale di emergenza, il Ministero degli affari esteri e altre organizzazioni.

La manovra è una semplice coincidenza? Terrorizzare il popolo israeliano con il suono di sirene e altri ruggiti e abituarlo a correre ai rifugi, non fa parte delle più grandi manovre della sua storia ?, che si svolgono anche in un palcoscenico dove le forze dell’aria, del mare e della terra stanno attuando contro il popolo palestinese di Gaza.

Il quarto esercito più potente del mondo ha commesso numerosi atti criminali di guerra nella totale impunità, tra cui l’assalto in acque internazionali alle navi della cosiddetta “Flottiglia della Pace” che trasportavano aiuti umanitari per la popolazione di Gaza.

Circa 15 persone sono morte e decine sono rimaste ferite quando i commando israeliani hanno attaccato la mattina presto del 31 maggio 2010 il convoglio di sei navi – che trasportavano centinaia di pacifisti provenienti da 27 paesi – scendendo dagli elicotteri mentre sparavano contro l’equipaggio nonostante il fatto che si fossero sollevate le bandiere bianche. È successo in acque internazionali a circa 40 miglia dalla costa israeliana.

Questa operazione ha sconvolto il mondo, ma l’impunità dei potenti è stata messa a nudo poi, quando l’ex segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha dichiarato di essere “impressionato” da quanto accaduto.

Impressionato? Nonostante si sia convocato il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e le richieste dell’Europa e delle organizzazioni umanitarie che chiedevano spiegazioni a Israele sull’inspiegabile, solo Grecia ha poi sospeso le sue esercitazioni militari congiunte con Israele. Da parte sua, Turchia, da dove provenivano le barche e alcuni attivisti, hanno organizzato un tavolo di crisi. L’allora primo ministro di quel paese, Recep Tayyip Erdogan, ha descritto l’azione di Israele come “terrorismo di stato” e violazione delle leggi internazionali, interrompendo i rapporti.

Le violazioni dei diritti umani più elementari da parte dello Stato israeliano sono state denunciate anche da cittadini ebrei in Israele e nel mondo e da organizzazioni per i diritti umani.

Da parte sua, il ricercatore Norman G. Finkelstein, professore all’Università di Chicago, riassume nel suo libro “Metodo e follia. La storia nascosta degli attacchi di Israele a Gaza”, la politica contro la popolazione palestinese basata sull’analisi delle operazioni militari Piombo Fuso (2008-2009), Pilastro Difensivo (2012) e Margine Protettivo (2014) che hanno devastato la Striscia di Gaza.

Un totale di 3.700 tra uomini, donne e bambini palestinesi sono stati uccisi. Nei suoi scritti dettaglia gli argomenti, le bugie e le false ragioni per cui Israele giustifica questi attacchi, ma si riferisce anche al complotto internazionale che permette loro di avanzare anno dopo anno nell’occupazione contro quel poco che resta del territorio palestinese.

La sua analisi critica delle invasioni israeliane ha come fonti le dichiarazioni dei militari, dei funzionari e dei cittadini di Israele, i documenti delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali. Riferendosi alla sanguinosa operazione militare Piombo Fuso, ha usato il rapporto di Richard Goldstone, che ha condotto un’indagine su tutti i crimini commessi da Israele in quell’azione.

Il rapporto, respinto dal potere israeliano, esponendo i massacri commessi dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF), conferma che l’allora governo guidato da Benjamin Netanyahu mirava a “punire, umiliare e terrorizzare la popolazione civile di Gaza”, oltre a “uccidere consapevolmente, torturare o infliggere trattamenti inumani”, così come “causare intenzionalmente enormi sofferenze, gravi lesioni o danni alla salute, distruggere proprietà senza giustificazione militare e farlo illegalmente e gratuitamente”.

Goldstone, messo sotto pressione da Israele, si è dimesso dopo il rapporto, ma i dati precisi e le fonti non sono mai stati cancellati. E fanno parte della quantità di prove presentate presso la Corte Penale Internazionale (CPI).

Finkelstein sostiene che in ciascuna delle operazioni militari, Israele ha anche cercato di dimostrare al mondo le sue “capacità di deterrenza”, colpendo anche il Movimento di Resistenza Islamica Hamas. Inoltre dimostra anche che tutte le invasioni israeliane su larga scala sono accompagnate da una grande copertura mediatica che le giustifica,  e considera ciò una cosa ancora più seria in quanto è servito a terrorizzare e “convincere” una buona parte della società israeliana stessa, che non sa cosa il governo sta effettivamente facendo contro Palestina e anche in altri paesi del mondo, come nel caso dell’America Latina.

Lo stiamo vedendo in Colombia in questo momento, dove la presenza di consiglieri paramilitari israeliani e addestratori e armi vendute da Israele vengono usate contro questa nazione sorella.

Finkelstein, figlio dei sopravvissuti dei campi di concentramento di Auschwitz e Majdanek, ha anche studiato le possibilità di resistenza dei palestinesi, che in realtà date le condizioni, sono di un commovente eroismo per affrontare l’occupazione e comprende che tutte le strade alla giustizia sono chiuse, come diplomazia e politica, a cui si è fatto ricorso, a causa dell’enorme potere di Israele e dei suoi alleati, resta solo la resistenza, cioè rispondere con pietre contro i cannoni e le armi più sofisticate. Lo stiamo vedendo in queste ore in cui gli autori provano le azioni di una guerra ad alta densità contro una popolazione totalmente inerme, che ha solo il suo corpo moribondo come unica difesa,

Finkelstein ci racconta anche di quelle mitiche resistenze del popolo di Gaza, della loro indomabile volontà, di fronte a tanta disuguaglianza di forze, soffrendo “morte e distruzione su scala straziante”.

Quando il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sotto il consiglio di suo genero Jared Kushner, membro della lobby ebraica di estrema destra in quel paese, ha ordinato il trasferimento della sua ambasciata a Gerusalemme, faceva parte del piano perverso di impadronirsi della Città Santa di Gerusalemme, centro di incontro delle religioni e patrimonio dell’Umanità.

Per tutto questo, difendere Palestina significa denunciare la verità, esigere che le organizzazioni internazionali agiscano contro la menzogna universale applicata dai mezzi egemonici come armi da guerra e che i nostri governi non si lascino intimorire dalle pressioni dalle cosiddette lobby della morte, che in realtà costituiscono un potere imperiale in decadenza, che minaccia l’intera umanità. Oggi, tutti, siamo Palestina.

di Stella Calloni

da Resumen Latinoamericano/Cubadebate

traduzione di Ida Garberi

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