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Così Cuba sta sconfiggendo il coronavirus

cuba-coronavirus-ap-4-580x386Tra le nazioni che hanno sorprendentemente tenuto a bada (almeno fino a questo momento) la pandemia ce n’è una che spicca più delle altre: Cuba. Un po’ perché vedere il piccolo arcinemico degli Stati Uniti riuscire in un’impresa che la rivale superpotenza sta clamorosamente fallendo fa una certa impressione. E un po’ perché la Repubblica socialista sembra smentire le previsioni secondo cui i paesi meno ricchi sarebbero stati quelli più colpiti dall’epidemia. Nonostante le sanzioni e le derisioni statunitensi, la Repubblica socialista ha arginato l’epidemia e inviato medici in tutto il mondo.

Sarebbe facile sminuire il successo cubano sottolineando come si tratti di un’isola non attraversata dalle grandi rotte commerciali che hanno reso inevitabile l’esplosione del Coronavirus in primis tra le nazioni più ricche. Ma basta osservare come se la stanno cavando i suoi vicini per capire che le cose non sono così semplici. A Cuba, nazione da undici milioni di abitanti e che segue i protocolli dell’OMS nel documentare la pandemia, ci sono circa 1.000 casi totali di contagio e 34 morti. Nella vicinissima Repubblica Dominicana – nazione simile per posizione geografica, popolazione, turismo e che anch’essa segue i protocolli dell’OMS – i casi sono invece 4.680 e i morti 226.

Altre nazioni latinoamericane sono messe ancora peggio: Panama ha circa 4.500 casi con soli 5 milioni di abitanti e l’Ecuador quasi 10mila casi con 17 milioni di abitanti. Da qualunque lato la si guardi, la capacità di Cuba di contenere il Covid-19 non sembra essere frutto del caso, ma di alcune caratteristiche della nazione guidata da Miguel Díaz-Canel (e da Raul Castro, fratello di Fidel e tuttora segretario del partito unico comunista).

“Cuba ha svariati vantaggi su molte altre nazioni, inclusa la sanità pubblica gratuita per tutti, il più elevato rapporto al mondo tra medici e popolazione e parecchi indicatori sanitari positivi, tra cui l’elevata aspettativa di vita e la bassa mortalità infantile”, scrive per esempio The Conversation. A questo si aggiunge “una popolazione dall’istruzione elevata e un’avanzata industria di ricerca medica, che include tre laboratori equipaggiati per condurre test sui virus”.

Tutto questo non è per niente scontato in una nazione che – misurata attraverso lo standard del PIL pro capite – si trova al 76° posto, appena davanti a Bulgaria e Venezuela. E che deve fare i conti con sanzioni statunitensi diventate molto più rigide sotto l’amministrazione Trump. Quali sono quindi le caratteristiche di quest’isola che le hanno consentito di fronteggiare con successo la pandemia? Prima di tutto, nonostante non sia dotata di ingenti risorse finanziare, uno dei vantaggi di un’economia centralizzata come quella cubana è la rapidità con cui queste risorse possono essere mobilitate nel momento del bisogno (come già si è visto, su scala molto superiore, nel caso della Cina).

A questo si aggiunge la prontezza con cui Cuba ha risposto all’emergenza: “Il piano di controllo e prevenzione, preparato nel gennaio 2020, includeva l’addestramento dello staff medico, la preparazione di strutture mediche e di quarantena e la diffusione al pubblico (compresi i lavoratori del settore turistico) delle informazioni necessarie su sintomi e precauzioni da prendere”, prosegue The Conversation. Non appena sono stati confermati i primi tre casi di Covid-19, l’11 marzo, sono iniziati i lavori per tracciare e isolare i contagiati, mobilitare gli studenti di medicina e identificare e verificare le condizioni delle persone più deboli attraverso visite porta a porta.

Nel momento in cui i casi sono arrivati a 21, il governo ha bloccato i voli turistici in entrata, messo in quarantena le persone più vulnerabili, organizzato il lavoro da remoto e cambiato in corsa le disposizioni quando si è accorto che determinate situazioni presentavano troppi pericoli (per esempio, sospendendo il trasporto pubblico e assumendo autisti per trasportare su auto private e statali le persone che dovevano inderogabilmente spostarsi).

In tutto questo, tenendo fede al motto di Fidel Castro “dottori, non bombe”, Cuba ha inviato medici in almeno 14 nazioni in tutto il mondo (Italia compresa), com’era già avvenuto durante precedenti crisi sanitarie tra cui quelle di ebola, malaria e tubercolosi. Una pratica non sempre apprezzata dalle parti degli Stati Uniti, dove alcuni articoli usciti in questi giorni hanno sottolineato come “la carenza di staff ospedaliero sull’isola è una diretta conseguenza dell’uso dei dottori come strumento di propaganda”; mentre una testata come Bloomberg ha ironizzato sul fatto che i medici cubani preferirebbero probabilmente uno stipendio maggiore rispetto a essere inviati come trottole in giro per il mondo.

Commenti che non stupiscono, provenendo dagli Stati Uniti, ma che lasciano comunque perplessi. Prima di tutto perché le critiche sui sistemi sanitari altrui da parte del paese con più morti di Covid-19 al mondo – e in cui le persone prive di assicurazione sanitaria potrebbero trovarsi a pagare fino a 75mila dollari per il trattamento del virus – fanno una certa impressione. Ma ancor più perché è una fonte come la Reuters ad aver recentemente segnalato come “Cuba abbia il più alto tasso di medici in rapporto alla popolazione anche quando si escludono quelli all’estero, mentre la sua brigata medica dispiegata in caso di catastrofe continua a farle ottenere gratitudine in tutto il mondo”.

Se non bastasse, la stessa Yale University Press ha confermato come Cuba continui a essere un paese avanzato in materia di biotecnologia. E tutto questo “nonostante le sanzioni e l’embargo USA, che ostruiscono l’accesso a tecnologie, equipaggiamento, risorse finanziarie e anche scambi culturali”.

Resta da capire se la battaglia cubana contro il Coronavirus continuerà a essere vittoriosa, soprattutto se si considera che ci sono 16 focolai in tutto il paese, che le risorse finanziarie sono ovviamente limitate e che la scarsità di strutture abitative rende il distanziamento sociale particolarmente complesso. Ma sarebbe comunque sbagliato definire “un miracolo” ciò che finora è avvenuto a Cuba. Al contrario: è proprio il punto forte della nazione – la sua sanità pubblica – a essersi dimostrato tale nel momento del bisogno, nonostante le inevitabili difficoltà a cui va incontro un regime socialista che dista solo pochi chilometri dal “diavolo capitalista”: gli Stati Uniti.

di Andrea Signorelli

da Esquire

foto: Ramon Espinosa/AP

1 Commento

Commento all'articolo
  1. Marcello / GraciasCUBA!!

    Desde Italia. Estoy immensamente orgulloso de CUBA ,un pais que amo desde siempre, por su grande solidariedad hacia l’Italia. Pienso que nuestra CUBA merece el Nobel por la Paz. Muchas Gracias, hermanos Cubanos.

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