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Colonialismo 2.0 in America Latina e nei Caraibi: che fare?

foroALendisputaCome proiettiamo un’immagine del futuro della sinistra in queste cittadinanze eteree che produce il colonialismo 2.0, capaci di mobilitarsi per il miagolio di un gatto, ma anestetizzate di fronte alla morte o alla fame di milioni di esseri umani? Come comunichiamo con i giovani che hanno incorporato nel loro DNA la cultura digitale? Come comunichiamo la politica in modo che non sia un’astrazione o uno sbadiglio?
Dagli anni ’90 del secolo scorso, Herbert I. Schiller ha dato per assodata l’esistenza di un “Impero Nordamericano Emergente”, i cui missionari vivono ad Hollywood. “È un impero con un minimo di sostanza morale, ma Hollywood è solo la zona più visibile di questo impero. Esiste già una vasta ed attiva coalizione di interessi governativi, militari ed imprenditoriali che comprendono le industrie informatica, dell’informazione e dei media. La percezione del mondo che hanno questi attori è decisamente elettronica.”[1]

Nel 1993 si è instaurata negli USA la politica per lo sviluppo dell’infrastruttura dell’informazione nazionale (NII) [2] e da allora l’industria corporativa della comunicazione ha risposto alle promettenti opportunità con un frenetico processo di fusioni e concentrazioni, accumulando risorse e capitali in enormi società. Queste sono state accompagnate da una serie di affrettate aste dello spettro radiofonico, vinte dai giganti delle telecomunicazioni. Una volta assicurate queste condizioni materiali, con i giganti delle comunicazioni del settore privato preparati ed incoraggiati a sfruttare al massimo le appena nate reti digitali, si sono create le condizioni per realizzare ciò che il Capo delle Operazioni dell’Atlantico degli USA, Hugh Pope, ha dichiarato nel 1997: “Il messaggio è che non c’è nazione sulla faccia della terra che non possiamo raggiungere”. [3]

Mai è stato più imperiale, gli USA, di quando si è convertito in zar di Internet e ci ha imposto un modello di connettività dipendente dalle logiche del mercato e dalla depredazione ecologica, che codifica i rapporti umani, li trasforma in dati e, quindi, in merci che producono valore. I dati isolati non dicono nulla, ma l’enorme massa di dati aggregati in una piattaforma acquisisce un valore inusitato e controverso, in una società che transita, acceleratamente, dalla produzione e commercio di beni e servizi fisici verso i servizi digitali.

La nuova ed intensa concentrazione comunicativa e culturale è molto più globale di quella delle industrie culturali transnazionali o nazionali che conoscevamo. Una singola azienda privata USA, per esempio, decide come spende un quarto della popolazione mondiale, circa 50 milioni di ore al giorno [4]. Il suo valore differenziale è che gli utenti crescano a ritmi vertiginosi con tassi giganteschi, non solo in numeri grezzi bensì in densità e portata.
Quattro delle cinque applicazioni più utilizzate nei cellulari del mondo -Facebook, Instagram, Whatsapp e Messenger-, appartengono alla società fondata da Mark Zuckerberg e raccolgono dati monetizzabili in modo permanente. Nel primo trimestre del 2018 e nonostante gli scandali degli ultimi tempi e le esplosioni nella borsa di Wall Street, Facebook ha fatturato 11790 milioni di $, quasi quattro miliardi di più (49%) rispetto ad un anno fa. Di questo totale, circa il 98,5% proviene dalla pubblicità [5].

Google, da parte sua, realizza circa il 92% delle ricerche su Internet, un mercato valutato in oltre 92 miliardi di dollari [6]. Le 10 aziende più potenti e ricche del mondo -cinque delle quali nel settore delle telecomunicazioni- hanno un introito combinato di 3,3 trilioni di dollari, pari al 4,5% del PIL mondiale. La sola Apple equivale al PIL di 43 paesi africani (un trilione di dollari). In effetti, secondo i dati della Banca Mondiale [7], ci sono solo 16 paesi con un PIL pari o superiore all’attuale valore di mercato di Apple.

Al momento, ci sono poche istituzioni pubbliche a livello nazionale o globale che possono affrontare questi mostruosi poteri transnazionali, che hanno drammaticamente alterato la natura della comunicazione pubblica. Non c’è Stato-nazione che possa rimodellare la rete da solo o frenare il colonialismo 2.0, anche quando applichi normative locali di protezione antimonopolistiche ed impeccabili politiche di sostenibilità in ordine sociale, ecologico, economico e tecnologico. Ancora meno può costruire un’alternativa praticabile disconnessa dalla cosiddetta “società dell’informazione” [8], la cui ombra -intangibile, ma non per questo non meno reale- giunge addirittura a coloro che sono fuori da Internet.

Secondo la Commissione Economica per l’America Latina ed i Caraibi (CEPAL), la nostra regione è la più dipendente dagli USA in termini di traffico Internet. L’80% dell’informazione elettronica della regione passa per qualche nodo amministrato direttamente o indirettamente dagli USA, principalmente dal cosiddetto “NAP delle Americhe” di Miami -il doppio dell’Asia e quattro volte la percentuale d’Europa- e si stima che tra l’80 ed il 70% dei dati che sono scambiati internamente dai paesi dell’America Latina e dei Caraibi, vanno anche a città USA, dove si ubicano 10 dei 13 root server che compongono il codice maestro di Internet [9].

L’America Latina è la più arretrata nella produzione di contenuti locali, tuttavia è leader nella presenza di utenti Internet nelle reti sociali. Dei 100 siti Internet più popolari nella regione, solo 21 corrispondono a contenuti locali, il che significa che, invece di creare ricchezza per la regione, il continente trasferisce ricchezza negli USA, dove sono ospitate le grandi compagnie Internet. Gli esperti assicurano che uno degli aspetti più significativi della cultura digitale latinoamericana è l’uso intensivo delle reti sociali. In effetti, alcuni paesi della regione uguagliano e addirittura superano l’uso delle reti sociali dei paesi sviluppati. Dei dieci paesi con il maggior tempo trascorso nelle reti sociali, cinque di loro erano latinoamericani, ranking (classifica) guidata da utenti brasiliani, argentini e messicani con 4 ore al giorno [10].

Il 28% dei latinoamericani vive in situazione di esclusione sociale nella regione [11], tuttavia, il numero di utenti Internet si è triplicato in quella fascia di popolazione rispetto ai cinque anni precedenti. Nove su dieci latinoamericani possiedono un telefono cellulare. Secondo un’indagine della Banca Inter-Americana di Sviluppo (2017), il 57% delle persone che hanno difficoltà a procurarsi il cibo sono molto attive su Facebook e WhatsApp, il che indica che possiedono uno smartphone nelle loro case. Il 51% di quelle che hanno ammesso di non avere acqua potabile nelle proprie case anche usano frequentemente le reti sociali [12].

Non è lo stesso divario digitale da divario economico. L’accesso ad Internet non è lo stesso che la capacità di collocare le cosiddette Nuove Tecnologie in funzione dello sviluppo di un continente profondamente diseguale. La mancanza di competenze digitali e l’impossibilità di sfruttare il potenziale delle nuove tecnologie contribuisce a perpetuare questo stato di vulnerabilità, anche quando i poveri abbiano nelle loro mani i nuovi dispositivi.
Parlando molto precocemente su questi temi, l’antropologo brasiliano Darcy Ribeiro avvertiva che, per mano di una tecnologia rivoluzionaria, “c’è una vera colonizzazione in corso. Il Nord America sta compiendo il suo ruolo con enorme efficacia nel senso di cercare complementarietà che ci faranno dipendenti, in modo permanente, da loro…” E aggiunge:”Vedendo questa nuova civilizzazione e tutte le sue minacce, ho timore che, ancora una volta, siamo popoli che non evolvano, popoli che nonostante tutte le loro potenzialità rimangono come popoli di seconda classe”. [13]

Gli USA e la sua Operazione di “connettività efficace” per l’America Latina

Questa è una prima occhiata al problema. Vediamo una seconda: questo scenario è incatenato ad un più ampio programma, per l’America Latina e Caraibi, di controllo dei contenuti e degli ambienti di partecipazione della cittadinanza che è stato eseguito con totale impunità, senza che la sinistra gli abbia prestato la più minima attenzione Nel 2011, il Comitato per le Relazioni Estere del Senato USA ha approvato ciò che in alcuni ambienti accademici è noto come operazione di “connettività efficace”. Si tratta di un piano, dichiarato in un documento pubblico del Congresso USA, per “espandere” i Nuovi Media Sociali nel continente, incentrati sulla promozione degli interessi USA nella regione.

Il documento spiega qual è l’interesse degli USA nelle cosiddette reti sociali del continente: “Con oltre il 50% della popolazione mondiale al di sotto dei 30 anni, i nuovi social media e le tecnologie associate, così popolari all’interno di questo gruppo demografico, continueranno a rivoluzionare le comunicazioni in futuro. I social media e gli incentivi tecnologici in America Latina sulla base delle realtà politiche, economiche e sociali saranno cruciali per il successo degli sforzi del governo USA nella regione.” [14]

Questo documento riassume la visita di una commissione di esperti in diversi paesi dell’America Latina per conoscere, in situ, le politiche ed i finanziamenti in quest’area, oltre ad interviste con i dirigenti delle principali compagnie Internet e funzionari USA. Si conclude con specifiche raccomandazioni per ciascuno dei nostri paesi, che implicano “aumentare la connettività e ridurre al minimo i rischi critici per gli USA. Per questo, il nostro governo deve essere il leader negli investimenti in infrastrutture” [15]. E aggiunge: “Il numero di utenti dei social media aumenta in modo esponenziale e come la novità si converte nella norma, le possibilità di influire sul discorso politico e nella politica in futuro sono lì” [16]

Cosa c’è dietro questo modello di “connettività efficace” per l’America Latina? La visione strumentale dell’essere umano, suscettibile di essere dominata dalle tecnologie digitali; la certezza che in nessun caso le cosiddette piattaforme sociali sono un servizio neutrale che sfruttano un servizio generico (come un elettrodomestico, una lingua, un cucchiaio …), ma che si fondano su basi tecnologiche ed ideologiche e sono sistemi istituzionalizzati ed automatizzati che, inevitabilmente, progettano e manipolano le connessioni.

Pochi mesi fa, Facebook ha finalmente riconosciuto che è un mezzo di comunicazione, dopo anni col presentarsi come piattaforma di servizi generici [17]. Speriamo che finisca la confusione che ha regnato nei circuiti accademici negando di vedere la multinazionale per ciò che è, cioè il Humpty Dumpty di questi giorni. Come ricorderanno, 153 anni fa in ‘Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie’, Lewis Carroll ha messo sulle labbra di Marc Zuckerberg, di quel tempo, una frase molto attuale: “Quando io uso una parola significa quello che io decido che significhi, né più né meno.”

Ciò che il governo USA calcola con la sua “operazione di connettività efficace” è la possibilità che questi strumenti creino una simulazione di base ed a partire da lì crollino i sistemi politici che non gli sono convenienti. Quale parte dell’operazione di “connettività efficace” ha operato dalle reti sociali nella situazione che oggi vivono Venezuela e Nicaragua, e prima abbiamo visto in Bolivia, Brasile, Ecuador ed Argentina?
Quando la politica è tecno-politica

Solo le grandi aziende hanno la capacità di elaborazione per processare le colossali quantità di dati che lasciamo nelle reti sociali, ad ogni clic sui motori di ricerca, telefoni cellulari, schede magnetiche, chat ed e-mail. La sommatoria delle tracce e l’elaborazione dei dati consente loro di creare valore. Più connessioni, più capitale sociale. Ma gli interessi fondamentali dell’apertura dei dati e dell’invito a “condividere”, a dare un “mi piace” o “non mi piace” a “ritweettare”, ecc, non sono quelli degli utenti, ma quelli delle corporazioni.
Questo potere offre ai proprietari un enorme vantaggio sugli utenti nella battaglia per il controllo delle informazioni. Cambridge Analytica, filiale londinese di un’impresa appaltatrice USA dedita ad operazioni militari in rete attiva, da un quarto di secolo, è intervenuta in circa 200 elezioni in metà mondo. Il modus operandi era quello delle “operazioni psicologiche”. Il suo obiettivo era far cambiare l’opinione della gente ed influenzarla, non attraverso la persuasione, ma attraverso il “dominio informativo”. La novità non è l’uso di volantini, Radio Free Europe o TV Martí, ma il Big Date e l’Intelligenza Artificiale che consentono racchiudere ciascun cittadino, che lascia tracce sulla rete, in una bolla osservabile, parametrizzata e prevedibile.

Coloro che seguono questa trama avranno visto che Cambridge Analytica ha riconosciuto di essere stata coinvolta nei processi elettorali contro i leader della sinistra in Argentina, Colombia, Brasile e Messico. In Argentina, ad esempio, ha partecipato alla campagna di Mauricio Macri nel 2015. Si sono denunciati i collegamenti del Capo del Gabinetto del Presidente e dell’attuale Capo della Agenzia Federale d’Intelligence con tale società che ha creato dettagliati profili psicologici ed ha identificato persone permeabili ai cambiamenti di opinione per poi influire attraverso notizie false e selezione parziale dell’informazione. Non appena salito al potere, Macri, tra altri decreti con i quali ha troncato la base giuridica ed istituzionale della comunicazione forgiata nei governi di sinistra in Argentina, ha approvato uno che gli ha permesso di rimanere con i database degli organismi ufficiali per l’utilizzarli in campagne a suo favore [18].

Ciò che dimostra tutto ciò è che anche in America Latina e nei Caraibi la politica si è convertita in tecno-politica, nella sua variante più cinica. Con totale impudenza, i governi di destra che si sono reinseriti negli ultimi anni si vantano di avere squadre di comunicazione assunte a Miami, Colombia e Brasile. Lo stesso Alexander Nix, CEO di Cambridge Analytica, si vantava davanti ai propri clienti latino-americani che per convincere “non importa la verità, è necessario che ciò che si dica sia credibile” e ha sottolineato un fatto empirico indiscutibile: il discredito della pubblicità commerciale di massa è direttamente proporzionale all’aumento della pubblicità sui social media, altamente personalizzata e brutalmente efficace.

Ora, ho l’impressione che con Cambridge Analytica stia accadendo quanto avvenuto con Blackwater, l’esercito delle guerre USA. Cadde in disgrazia per servire, in modo efficiente, all’operazione di rendere invisibile l’industria mercenaria di sub contrattisti dediti ai compiti di sicurezza, intelligence, manutenzione o addestramento, che si è ampliata e continua ad essere molto utile al governo USA ed ai suoi alleati.

Prendetevi la briga di controllare la pagina dei partner di Facebook (Facebook Marketing Partners) e scopriranno centinaia di aziende che si dedicano all’acquisto e vendita di dati e scambiarli con la società del pollice azzurro (FB ndt). Alcune addirittura si sono specializzate in aree geografiche o paesi come Cisneros Interative –del Gruppo Cisneros, naturalmente, lo stesso che ha partecipato al colpo di stato contro Chavez nel 2002- rivenditore di Facebook, che già controlla il mercato della pubblicità digitale in 17 paesi dell’America Latina e dei Caraibi.
Cosa fare contro il Colonialismo 2.0

La comunicazione non è una questione di tecnologie, ma anche di esse. Devi stare per la strada, bussare porta a porta come ha appena fatto Morena in Messico, affinché la politica si esprima nelle reti sociali e faccia fronte alla restaurazione conservatrice e all’offensiva imperiale. Ma lo scenario digitale è solo un modo, per nulla trascurabile, per la riconnessione della sinistra con le sue basi, in particolare con i giovani. Come ha recentemente dichiarato a L’Avana il cineasta argentino Tristan Bauer, “le reti non sono decisive per vincere, ma sì restano sempre molto utili al momento che perdiamo le elezioni” [19].

Questi temi, purtroppo, sono ancora lontani dai dibattiti professionali e dai programmi dei movimenti progressisti del continente. Eccedono i discorsi demonizzanti o , al contrario, ipnotizzati, che ci descrivono la nuova civilizzazione tecnologica -per usare il termine di Darcy Ribeiro-, ma mancano strategie e programmi che ci permettano sfidare ed intervenire nelle politiche pubbliche e generare linee di azione e lavoro definite per costruire un modello veramente sovrano dell’informazione e della comunicazione nel nostro continente.
Mettiamo all’orizzonte compiti concreti. Ancora non si è ottenuto concretare nella regione un canale proprio di fibra ottica, che era un sogno di UNASUR e rimane un problema in sospeso in America Latina [20]. Non abbiamo una strategia sistemica né un quadro giuridico omogeneo ed affidabile che riduca al minimo il controllo USA, assicuri che il traffico della rete si interscambi tra paesi vicini, incoraggi l’uso di tecnologie che garantiscono la riservatezza delle comunicazioni, preservi le risorse umane nella regione e sopprima gli ostacoli alla commercializzazione degli strumenti digitali, contenuti e servizi digitali prodotti nel nostro intorno.

Sfortunatamente, non sono stati fatti progressi in un’agenda comunicativa comune, sovranazionale. Se parliamo di comunicazioni, di governance di Internet, di copyright, di temi che sono strategici per il futuro come la sovranità tecnologica, l’innovazione, lo sviluppo della nostra industria culturale, l’importanza di incorporare le estetiche contemporanee nella nostra narrazione politica, necessariamente avremo da mettere insieme un’agenda comune e spazi in cui questa si concretizzi.

Abbiamo bisogno di reti di osservatori che, oltre a fornire indicatori di base e avvisi sulla colonizzazione del nostro spazio digitale, permettano di recuperare e socializzare le buone pratiche nell’uso di queste tecnologie e delle azioni di resistenza nella regione, a partire dalla comprensione che il successo o il fallimento di fronte a queste nuove disuguaglianze dipende da decisioni politiche.

È improbabile che un paese del sud da solo -ed ancor meno un’organizzazione isolata- possa trovare risorse per sfidare il potere della destra che si mobilita alla velocità di un clic, ma un blocco di professionisti, organizzazioni, movimenti e governi di sinistra avranno maggiore capacità di sviluppare livelli di risposta, per lo meno per affermare la sovranità regionale in alcune aree critiche. Consentirebbe più potere di negoziazione di fronte alle potenze dell’Intelligenza Artificiale e Big Data e delle loro società, oltre a sfidare le istanze globali in cui sono definite le politiche di governance. Dobbiamo appropriarci dei big data, compagni.

Costa molto meno organizzare un comando centrale comunicativo piuttosto che finanziare un canale televisivo. Pertanto, dovrebbe essere una questione chiave nei dibattiti politici e professionali sulla comunicazione ed, in particolare, in quelli in cui si discutono l’equità e lo sviluppo, la creazione di una scuola di comunicazione politica della sinistra dell’America Latina e dei Caraibi, che ci permetta condividere conoscenze sulle trame di potere dietro ai media, della necessità di democratizzarli e delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie dell’informazione.
Perché ci sono opportunità e ci sono specialisti molto preparati con i loro piccoli cuori a sinistra, debitamente condannati dagli eretici -come diceva Roque Dalton. Ci sono, come ci sono esperienze paradigmatiche della sinistra nell’articolazione delle reti, ma a volte passano come comete solitarie per le nostre vite e non istituiscono nulla o quasi nulla.

Mi sono fermato nelle lacune del dibattito per stimolare tra di noi la percezione del rischio. Quel dibattito su apocalittici ed integrati alla cultura di massa è stato superato da un pò. Quel mondo stabile che descriveva Umberto Eco già non esiste più. Ci sono diversi mondi all’orizzonte e uno può essere quello in cui arriviamo a creare i nostri stessi strumenti di liberazione. Ma la ricerca e la costruzione di alternative non è un problema tecnico-scientifico, dipende come ho detto prima dall’ “agire collettivo” a breve e medio termine, con prospettive tattiche e strategiche nella comunicazione faccia a faccia e virtuale, che facilitino il cambio delle relazioni sociali e delle strutture tecniche a favore dei nostri popoli.

Facciamolo, perché non abbiamo molto tempo.

Notas
[1] Schiller, H. 2006 “Augurios de supremacía electrónica global”. CIC Cuadernos de Información y Comunicación 2006, vol. 11, 167-178 .
[2] Chapman, G; Rotenberg, M. 1993. “The National Information Infrastructure: A Public Interest Opportunity”, Computer Professionals For Social Responsibility, Vol 11, No. 2, Summer 1993.
[3] Pope, H. 1997. “U.S. Plays High-Stakes War Games in Kazakstan”, Wall Street Journal, 16 de septiembre de 1997, p. A-16.
[4] Wagner, K; Molla, R. 2018. “People spent 50 million hours less per day on Facebook last quarter”. Recode.net. Jan 31, 2018. Consultado el 5 de agosto de 2018 en:https://www.recode.net/2018/1/31/16956826/facebook-mark-zuckerberg-q4-earnings-2018-tax-bill-trump
[5] Ibidem.
[6] Mangles, C. 2018. Search Engine Statistics 2018. Smartinsights.com, Jan 30, 2018. Consultado el 5 de agosto de 2018 en:https://www.samartinsights.com/search-engine-marketing/search-engine-statistics/
[7] Alini, E. 2018. “Apple hits $1 trillion in value. Only 16 countries are worth more”. Globalnews.ca, August 2, 2018. Consultado el 5 de agosto de 2018 en:https://globalnews.ca/news/4367056/apple-1-trillion-market-cap/
[8] Adoptamos la definición de Manuel Castells que utiliza esta denominación para contraponer la actual era dominada por las redes informacionales a la sociedad industrial cuyo corazón tecnológico fue la máquina de vapor.
[9] Comisión Económica para América Latina y el Caribe (CEPAL), 2018. La ineficiencia de la desigualdad. Informe en el Trigésimo Séptimo período de sesiones de la CEPAL. La Habana, 7 al 11 de mayo de 2018.
[10] Comisión Económica para América Latina y el Caribe (CEPAL), Datos, algoritmos y políticas: la redefinición del mundo digital (LC/CMSI.6/4), Santiago, 2018. Consultado el 5 de agosto de 2018 en:https://repositorio.cepal.org/bitstream/handle/11362/43477/7/S1800053_es.pdf
[11] “Más de 172,5 millones de afectados por exclusión en América Latina”. El Siglo, Guatemala, 8 de noviembre de 2017. Consultado el 5 de agosto de 2018:http://s21.gt/2017/11/08/mas-de-172-5-millones-de-afectados-por-exclusion-social-en-america-latina-y-el-caribe/
[12] Basco, A. 2017. La tecno-integración de América Latina: instituciones, comercio exponencial y equidad en la era de los algoritmos. Banco Interamericano de Desarrollo (BID).
[13] Rebeiro, D. 1998. “Amerindia hacia el Tercer Milenio”. Oralidad. Lenguas, Identidad y Memoria de América, N° 9, La Habana, mayo, 1998, p. 9.
[14] United States Senate Committee on Foreign Relations. 2011. Latin American Governments Need to “Friend” Social Media and Technology. Committee On Foreign Relations, United States Senate. One Hundred Twelfth Congress. First Session. October 5, 2011. Consultado el 5 de agosto de 2018 en:https://www.gpo.gov/fdsys/pkg/CPRT-112SPRT70501/html/CPRT-112SPRT70501.htm
[15] Ibidem.
[16] Ibidem.
[17] Martínez, A. “Zuckerberg recula: Facebook sí es un medio de comunicación”, ABC, España, 25 de septiembre de 2017. Consultado en:https://www.abc.es/tecnologia/redes/abci-zuckerberg-recula-facebook-si-medio-comunicacion-201612222024_noticia.html
[18] Canal Abierto. 2018 “Cambridge Analytica y ejército de trolls: confirman la manipulación en las elecciones 2015”. Canal Abierto, Argentina, 31 de julio de 2018. Consultado el 5 de agosto de 2018 en:http://canalabierto.com.ar/2018/07/31/cambridge-analytica-y-ejercito-de-trolls-confirman-la-manipulacion-en-las-elecciones-2015/
[19] Bauer, T. 2018. Intervención de Tristan Bauer en el Taller “Comunicación política y medios”, del XXIV Encuentro del Foro de Sao Paulo. La Habana, 16 de julio de 2018. Notas de la autora.
[20] Unasur. “Conectividad y fibra óptica es otro de los objetivos de UNASUR”. s/f. Consultado el 5 de agosto de 2018 enhttp://www.unasursg.org/es/node/152

di Rosa Miriam Elizalde

da Cubadebate

Testo integrale dell’intervento al Seminario internazionale America Latina in disputa

traduzione di Francesco Monterisi

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