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Pugilato, militanza, solidarietà, denuncia contro il blocco a Cuba: Lenny Bottai, campione della vita e del riscatto sociale

lenny_bottai-580x661Un intervista informale tra buoni amici militanti, Lenny Bottai e Federica Cresci, contro il sistema d’informazione malintenzionato e prezzolato del mondo capitalista.

Chi è Lenny Bottai? Come arrivi allo sport, al pugilato e come hai vissuto la tua carriera a livello umano e sociale?

A dire il vero inizio con la Kick Boxing a 13 anni, perché stando in periferia a causa della separazione dei miei genitori, potevo andare in una palestra che non faceva boxe ma solo arti marziali, lotta e kick boxing. A convincermi fu un amico, un fratello, che come sempre avveniva, mi coinvolse ma lui il giorno dopo smise. Io invece rimasi e mi cimentai prima nella kick, poi essendo più incline alle tecniche di pugno, il maestro che era anche maestro di boxe in un’altra palestra, mi ci portò. Fatti i 14 anni, preso il motorino e l’indipendenza, decisi di provare con la boxe e fu amore a prima vista. Così iniziai a combattere con buoni risultati, come un podio ai nazionali under 18, ma a 19 anni presi una squalifica per aver contestato un verdetto e smisi. Nel 2004, guardando le olimpiadi di Atene, peraltro erano gli anni di Gamboa, Rigondeaux, Kindelan, Golovkin… insomma decisi di ricominciare. Il problema è che dopo 7 anni di stop ero 98,5 kg, quindi era già un miracolo tornare sul ring. Tuttavia sei mesi dopo ero già 75 kg e tornai a combattere, poi decisi di passare come professionista. Ovviamente tutti mi davano come morto predestinato, invece sono riuscito a vincere due titoli italiani, un mediterraneo, due internazionali (IBF e IBO), un intercontinentale IBF che mi ha aperto le porte per una semifinale mondiale a Las Vegas. Questa è la storia sportiva, che si lega indissolubilmente a quella umana di una comunità, quella della mia città, che mi ha accompagnato in ogni momento riempiendo i palazzetti in casa e in trasferta. Ecco, dal punto di vista umano, sociale, qui posso dire di aver vissuto un qualcosa di unico. La gente si sentiva parte integrante del mio percorso, mi incontrava per la strada e mi diceva “abbiamo vinto” non “hai”.

Cosa fai attualmente? So che hai una palestra popolare e che usi lo sport come strumento di reinserimento sociale. Raccontaci.

Dal 2009, anno nel quale ero già professionista ma approdai al primo titolo, avendo ansia di fare 12 round, ero operaio precario, decisi di prendermi tre mesi di aspettativa e provare a fare l’atleta 24h su 24, gestendo da solo ogni cosa, dalla più importante, alla più futile.  Ho aperto una palestra, dove insegno e da quel momento lo sport è diventato il mio lavoro. Insieme a me lavora mia moglie, Veronica del Giovane, pugile ed insegnante anche lei e prima donna all’Angolo.

Ovviamente sempre precario, ma tanto meglio precario in ciò che mi piace che in ciò che al contrario mi vincola. Adesso insegno e basta, ma ho già un campione italiano professionista ed altri in ascesa. Nel progetto sportivo della mia società non manca anche il lato sociale, difatti oltre a far fare sport a prezzi popolari a tutti, abbiamo anche delle collaborazioni con case famiglia, dalle quali adottiamo sportivamente minori italiani e stranieri non accompagnati, ed anche dei centri per la salute mentale con i quali collaboriamo. Poi faccio dei corsi anche per il liceo sportivo. Tutti questi progetti sono senza alcun fine di lucro.

Come arrivi alla politica e cosa ti lega all’ideale comunista?

Vengo da una famiglia dove il conflitto natalizio era tra il suocero di mia nonna, anarchico messo al confino, mio nonno, comunista come sua madre (la moglie dell’anarchico) e il padre di mia nonna che era socialista. Ecco, era un bel casino a Natale con le discussioni politiche (ride). Ovviamente questa tradizione, anche se io l’ho appresa da solo, ha influito come l’aria che respiravo nella mia città e nella curva che ho frequentato. Ricordo che a 16 anni ammazzarono un ragazzo, non si fermò ad un posto di blocco perché si diceva senza assicurazione alla moto e un poliziotto gli sparò. Le contestazioni giovanili mi portarono ad entrare nel giro dei movimenti extraparlamentari. A 17 anni fui l’unico processato per anti-fascismo, a Livorno arrivò Fini che al tempo faceva il saluto romano. Tutto il resto si capisce, è venuto naturale.

Qual’è il tuo legame con Cuba e la sua Rivoluzione?

Sono sincero, non sono un grande conoscitore della storia cubana a livello storico e nozionistico, sono sempre stato molto più abituato a quella sovietica, poi alla rivoluzione bolivariana di Chavez, ovviamente ispirata da Cuba. Ovviamente la mia ammirazione per Cuba è immensa, soprattutto per lo spirito, la capacità di vivere e resistere al di là di ogni ingerenza straniera. Ho amici che hanno vissuto e si sono sposati a Cuba, altri ci hanno abitato per anni, altri ci vanno saltuariamente. Ho avuto il piacere di ospitare persone che stimo tantissimo, come Raul Capote, penso che Cuba sia davvero un grande esempio per l’umanità. Livorno e Cuba sono molto simili come spirito, tutti mi hanno sempre detto questo. Poi Cuba è un faro sportivo imprescindibile. Allo stadio ogni anno si festeggiava il compleanno di Fidel. Spero un giorno di poter visitare Cuba.

Cosa pensi della politica degli Stati Uniti e dell’ormai sessantennale blocco contro Cuba?

Un blocco criminale e ingiustificato che dimostra che gli USA hanno paura di un modello antagonista che dimostrerebbe, senza vigliaccherie economiche e politiche, cosa significa vivere nel socialismo piuttosto che nel capitalismo. E’ una vergogna che gli organi internazionali, che tanto blaterano di pace e democrazia, permettano che ancora, dopo sessant’anni, sia possibile un abominio simile.

Cosa pensi invece dell’attuale quadro politico e sociale italiano e della totale scomparsa di un vero movimento politico unito comunista, tornerà ad esistere? Pensi possa rinascere un nuovo movimento comunista sulle ceneri dello storico P.C.I?

E’ una domanda molto difficile, il movimento comunista in Italia non è soltanto arretrato, è anche molto diviso. Questo non giova affatto. Detto questo il nostro compito – in questa fase storica – è ripetere in continuazione che se non facciamo di questo paese un paese socialista, le cose andranno sempre di più a peggiorare. Oggi le classi dominanti hanno raggiunto il potere economico e politico assoluto, quindi non rimane altra scelta che continuare a lottare. Certo, siamo nell’era dove la comunicazione prevarica anche le linee e la ragione politica dove la TV e i media in generale, in un attimo rovesciano le verità. Quindi spesso accade che molti rimangano delusi dei pochi frutti che porta una lunga e continua lotta. Vivo in un’isola felice tuttavia, la mia città ha dato risultati importanti e fino a che c’era, il Partito Comunista ha sempre governato, dal dopoguerra fino al suo scioglimento.

Che augurio fai prima di tutto a te stesso, poi al popolo e alla rivoluzione cubana e al nostro paese?

A me stesso nessuno, non portano bene gli auto auguri (ride), a Cuba auguro veramente di veder finire questa infamia, di poter sviluppare liberamente il socialismo, libera da ricatti imperialisti. In questo possiamo sperare nella Cina, unico contrappeso, e nella Russia che, seppur non è un paese socialista, può contribuire a contrastare l’impero. Mi auguro che l’unione dei paesi latini, come Venezuela, Nicaragua, Bolivia ed altri, porti a contrastare in maniera concreta le ingerenze degli Yankee in tutto il Sud America.

di Federica Cresci

da Cuba si…S-Bloqueando

1 Commento

Commento all'articolo
  1. Gianfranco Colombo / saluto

    un saluto a pugno chiuso e un abbraccio al compagno Lenny esempio per tutti,vorrei potermi allenare da te in quanto appassionato di boxe,se ci fosse in lombardia un club come il tuo ne sarei felice.

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