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L’impegnativo scenario del giornalismo cubano

periodismoLa mia pagina facebook mi ricorda ciò che ho pubblicato un anno fa, dalle sessioni del Congresso dell’UPEC (Unione dei Giornalisti di Cuba). L’immagine mi ha fatto pensare a come era allora e a come è adesso il giornalismo cubano, a soli dodici mesi di distanza.

Noi professionisti della notizia analizzavamo, durante quei giorni, con franchezza e passione, la qualità del giornalismo che facciamo, le realtà contraddittorie della comunicazione nel paese, le carenze professionali e materiali dei nostri media, le difficoltà nell’accesso alle fonti di informazione, la necessità di approfittare degli strumenti e delle nuove forme di lavoro che ci hanno portato le tecnologie in cambiamento dell’informazione e della comunicazione, le sfide delle battaglie ideologiche, culturali, simboliche che affrontiamo.

Siamo arrivati a quell’appuntamento di luglio del 2018, in ogni caso, con il respiro di una Politica di Comunicazione dello Stato e del Governo approvata e diffusa da poco, con la definizione del Presidente cubano del fatto che la comunicazione è uno strumento strategico e ineludibile nell’esercizio del Governo nel paese, e con una maggiore chiarezza e comprensione dal Partito, lo Stato e la società stessa del ruolo del giornalismo e dei giornalisti nel nostro Socialismo autentico, democratico e partecipativo, che abbiamo definito concettualmente come modello di società.

Non ha piovuto molto da allora ad adesso. Ma, in pochi mesi abbiamo sperimentato cambiamenti positivi nel nostro scenario mediatico ed anche alcuni passi indietro o pause nelle azioni da implementare.

In questo tempo abbiamo visto un Presidente che genera più notizie di quelle che a volte abbiamo la possibilità di seguire, che ha guidato l’ingresso a Twitter del Governo al completo per la comunicazione diretta con la cittadinanza, che con il suo esempio personale ha propiziato la presenza più frequente dei Ministri e altri dirigenti nei nostri mezzi di comunicazione per informare e chiarire le politiche pubbliche che si adottano.

Come ha riaffermato Diaz-Canel nel suo recente discorso di chiusura dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare: “La direzione del Partito e del Governo ha dimostrato il suo impegno con l’informazione opportuna e aperta di quante misure o passi si diano in funzione degli interessi pubblici. Difenderemo sempre questa politica”.

In accordo con la sua responsabilità di avanguardia e forza politica dirigente, il Partito, in paziente e ogni volta più effettivo lavoro, ha rinforzato l’autorità dei direttori dei media pubblici ed ha dato coscienza agli organismi del paese sull’importanza di irrobustire i propri apparati di comunicazione (non di mera divulgazione), di incrementar e la loro presenza nel web e nelle reti sociali, di essere più pro attivi, agili ed effettivi nelle loro strategie comunicative.

Sono modestamente migliorate le condizioni di lavoro per i giornalisti della radio e della televisione (non tanto della stampa scritta); il significativo aumento di salario nel settore dà respiro e qualità di vita ai lavoratori professionali il cui salario medio era notevolmente più basso di quello dei loro colleghi nel settore statale sovvenzionato del paese; il sistema della radio cubana continua ad ampliare la sua portata e si è inaugurata l’emittente numero 100; gli investimenti che si fanno nell’industria poligrafica ci avvicinano alla futura stampa dei nostri giornali a tutto colore.

Possiamo contare con diversi media, giornalisti e direttivi di avanguardia, capaci di fare un giornalismo all’altezza, critico, analitico, creativo, impegnato con il popolo e con il suo tempo, come dimostrano i lavori premiati nel recente Concorso Nazionale di Giornalismo “26 Luglio”.

Ma ancora, come categoria abbiamo debiti con la società e con la nostra professione. Agiamo ancora di reazione di fronte a determinati temi e scenari; ci manca in alcune occasioni integralità e conoscenza nelle analisi ed anche, a volte, manchiamo dell’audacia e della creatività costanti nella condotta dei media.

E’ preoccupante il fatto che invece di avanzare nella professionalizzazione del settore, siamo tornati indietro. Il numero di laureati in giornalismo nelle nostre redazioni è diminuito negli ultimi anni e oggi copre meno del 40 per cento degli incarichi giornalistici nel paese, il che influisce nella qualità del prodotto informativo e rallenta i processi trasformatori dei nostri media.

Gli attuali studenti della carriera universitaria non copriranno, neanche a medio periodo, questo deficit annunciato. I corsi di riorientamento professionale, sorti come una soluzione palliativa e circostanziale, si sono trasformati con il tempo nella principale forma di riempire i posti nel settore.

Anche se sono cresciute le abilità professionali che fanno parte delle redazioni, i giovani laureati, il loro scarso numero e il loro passaggio fugace in molti casi, uniti al non sufficiente legame media-università e la non gerarchizzazione del superamento, sono in contrasto con uno sfruttamento più ampio della conoscenza costituita dalle scienze della comunicazione, con l’utilizzo di tutte le potenzialità della tecnologia a nostra disposizione (che non è la più recente, ma che può rendere di più), e che non si raggiunga un ambiente di innovazione e cambiamenti nelle nostre redazione (questo frutto anche della mancanza di previsione e investimento per lo sviluppo).

Non abbiamo avanzato al ritmo desiderato, per molteplici urgenze politiche ed economiche, nell’implementazione di aspetti significativi della Politica di Comunicazione approvata, che permettano nuove e migliori forme di gestione dei media e l’apertura di possibili e necessarie fonti di finanziamento addizionali a quelle che sono assegnate dal Bilancio dello Stato al sistema dei media pubblici.

Lo scenario dei media cubani oggi è più ricco, diverso e creativo che quello di 8 anni fa, quando il Generale d’Esercito Raul Castro Ruz fece una giusta critica al nostro giornalismo nel VI congresso del Partito. Però le sfide politiche, ideologiche, economiche e sociali che affrontiamo sono più complesse di allora; in uno scenario di furibonda aggressione imperiale, milionari progetti sovversivi, globalizzazione travolgente ed istantanea dei simboli colonizzatori, possibilità multiple e piuttosto contaminate, con false notizie e mezze verità, di comunicazione e informazione. L’asticella da superare è più alta.

“La verità ha bisogno di noi”, proclamavamo un anno fa nel nostro Congresso come giornalisti cubani. La battaglia continua ad essere la stessa, le urgenze crescenti, la responsabilità maggiore.

Abbiamo bisogno di avanzare ogni volta di più nel costruire davvero un modello di stampa socialista, genuinamente partecipativo, attrattivo, umanista, etico, analitico, verace; per sostenere una pratica di comunicazione sociale che propizi il dialogo creatore e la partecipazione cittadina cosciente nella vita politica, economica e sociale del paese; questo è possibile in una società che rinnovi le sue scommesse e lotte per i più alti gradi di partecipazione, dialogo sociale, umanesimo, dignità etica e civismo.

Continueremo accompagnando il percorso della Rivoluzione in un mare pieno di avversità, potenziando la forza creatrice del nostro popolo, mettendo a nudo le nostre deficienze e farneticamenti, mettendo in evidenza le buone pratiche ed i risultati, segnalando le strade possibili e pensando come paese per fare una Cuba migliore. Questa è la nostra sfida maggiore. E’ l’essere Rivoluzionario in questi tempi.

di Randy Alonso Falcon

foto: Abel Ernesto Rubio Estrada

traduzione di Marco Bertorello

da Cubadebate

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