Frammenti del prologo del libro “Raul Castro e Nostra America. 86 discorsi, interventi e dichiarazioni”.
Ho letto con meditata attenzione le pagine di questo libro che contiene frammenti di 86 discorsi, discorsi, interventi e dichiarazioni di Raúl Castro Ruz su vari aspetti della politica internazionale, la realtà di Cuba in quel contesto, lo sviluppo economico e sociale del paese e la trascendenza del pensiero rivoluzionario.
Nell’introduzione, il giovane analista e ricercatore ci presenta una visione sintetica dell’ascendente forza e radicate convinzioni di colui a cui le circostanze di una vita marcata, sin dalla sua prima gioventù, dalla sua vocazione di ribelle, lo hanno unito a Fidel non solo da legami fraterni ma per comunione di idee.
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Un anno prima che si celebrasse il centenario della nascita di Jose Marti, il colpo di stato militare di Batista fu, come si direbbe in buon cubano, la ciliegina sulla torta.
Un anno prima, un’altra onorabile promessa, Eduardo Chibás, chiamato Adalid, aveva consumato il suicidio, il 16 agosto 1951, chiudendo quello che avrebbe potuto essere una via d’uscita, una possibile soluzione politica, anche se caotica ed
incoerente per la diversità degli elementi che nutrivano il suo partito.
A questo punto Fidel si rende più visibile, dopo la sua forgia come dirigente universitario e scrittore il cui pensiero supera le pagine del manifesto. I suoi articoli nella stampa guadagnano popolarità mentre si tempra una selettiva ed agguerrita avanguardia, punta di diamante della Rivoluzione. Dalla Colina universitaria scenderanno i giovani, nell’aprile del 1952, per la simbolica sepoltura della costituzione democratica calpestata dall’usurpatore. E lì sarebbe apparso pubblicamente il giovane alfiere, Raul, che, nel marzo 1953, viaggerà in Europa per partecipare alla Conferenza Internazionale sui Diritti delle Gioventù, che si terrà a Vienna.
Mi sembra di ascoltare oggi la sua narrazione di quel viaggio che molti anni dopo supera, con il calore della viva parola, ciò che abbiamo letto delle sue testimonianze. Il suo avventuroso itinerario lo porta a Bucarest dove si preparava il Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti ed al ritorno scopre la città di Parigi, dove solo 82 anni prima, i comunardi avevano cercato di toccare il cielo con le mani. Le stesse strade attraverso le quali i bellicosi ribelli della cosiddetta Era della Rivoluzione, tra il 1789 ed il 1848; la città descritta anche da Martí nel suo opulento splendore.
Raul, con i suoi due compagni di viaggio, guatemaltechi, voleva imbarcarsi nel suo inaugurale viaggio transatlantico sulla nave Ile de France, ma uno sciopero dei lavoratori li costrinse a navigare lungo le coste d’Italia e prendere, nel porto di Genova, la nave da carico e passeggeri Andrea Gritti (…)
Raul ha raccontato che nel lungo viaggio di ritorno a Cuba giunsero a La Guaira e con gli ultimi soldi che possedeva decise di prendere la vecchia strada degli spagnoli sino a Caracas, al solo scopo di riverire, come prima, nel marzo 1881, lo aveva fatto Martí davanti alla sua statua, il liberatore Simon Bolivar, mentore e artefice dell’emancipazione di cinque nazioni e dell’ideale dell’unità continentale.
A L’Avana una lapide posta nella porta del molo di di San Francisco, oggi Sierra Maestra, ci ricorda il ritorno di Raul a Cuba, quel 6 giugno 1953, a bordo dell’Andrea Gritti. Con il Comandante della Rivoluzione Juan Almeida e per sua iniziativa, abbiamo segnalato il posto dove lo hanno arrestato quando identificato dal Bureau per la Repressione delle Attività Comuniste (BRAC).
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La storia lo ha portato, per proprio diritto, a succedere al più importante pensatore politico ed al cubano che dopo Jose Marti conobbe, con maggior profondità, il contesto globale e le relazioni tra Cuba e USA.
Con Fidel ha condiviso l’insurrezione e la vittoria. Fu, insieme a lui, fondatore del Partito Comunista di Cuba, chiave per la comprensione di una società che ha richiesto, richiede e richiederà dell’unità monolitica per sopravvivere. Ma lo ha concepito come un partito della nazione aperto al dialogo, attento alla realtà che palpita nel cuore del popolo.
Non teme il futuro. Ognuno dei suoi compleanni, ogni 3 giugno, pianta un albero nel giardino che di solito percorre nei suoi pochi momenti di svago.
Al depositare nel monolite di pietra l’urna contenente le ceneri di Vilma, le baciò con sincera devozione. Un pò audacemente gli dissi su ciò che sarebbe inevitabilmente accaduto dopo quel momento: “Generale Presidente, lei sarà ora più amato e meno temuto” ..
di Eusebio Leal
(Originariamente pubblicato sul quotidiano Granma)
tradotto da Francesco Monterisi per Cubainformazione.it