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Due anni dopo, Julian Assange continua ad essere un prigioniero del processo

Ricardo Patiño (dx) e Julian Assange (sx)

Ricardo Patiño (dx) e Julian Assange (sx)

L’Ecuador è compromesso a proteggere le persone che sono oggetto di persecuzione politica. Due anni fa, dopo una profonda investigazione e revisione dei nostri obblighi legali, abbiamo deciso di dare asilo politico a Julian Assange”, così afferma il Ministro di Relazioni Estere e Mobilità Umana, Ricardo Patiño, nel suo articolo di opinione pubblicato il 18 agosto nel giornale britannico The Guardian.  

“L’Ecuador è compromesso a proteggere le persone che sono oggetto di persecuzione politica. Due anni fa, dopo una profonda investigazione e revisione dei nostri obblighi legali, abbiamo deciso di dare asilo politico a Julian Assange.

Questa decisione è stato il risultato di un cambiamento drammatico nella nostra percezione globale sull’intimità, sulle telecomunicazioni, sull’Internet e sulla diplomazia durante gli ultimi anni. Le rivelazioni di Edward Snowden sulle pratiche di vigilanza di massa, di spionaggio globale e di controllo delle comunicazioni da parte della NSA –ed i suoi alleati–hanno scoperto i gravi danni alla sicurezza degli Stati, ai diritti umani della cittadinanza mondiale, e la minaccia per lo sviluppo futuro di Internet. I milioni di documenti pubblicati da Wikileaks su manovre politiche, economiche e militari realizzate da poderosi enti hanno messo sotto la lente d’ingrandimento temi delicati di sovranità ed abuso di potere.

Tutti gli Stati hanno segreti. E tutti gli Stati hanno il diritto di difendersi di fronte alle minacce che affrontano. Ma ciò non deve servire come alibi per commettere ed occultare violazioni gravi dei diritti umani, tra queste, crimini di guerra e delitti di lesa umanità.

In molti casi, gli Stati con le capacità di vigilanza più sofisticate commettono le più gravi violazioni dei diritti umani. La pubblicazione di informazioni su pratiche lesive dei diritti umani è un diritto, d’accordo alla Dichiarazione sui difensori dei diritti umani del 1998, il cui esercizio implica il diritto ad una protezione efficace per quelli che rivelino queste pratiche. Il giornalismo onesto ed i coraggiosi che denunciano, che osano comunicare fatti che evidenziano gravi violazioni dei diritti umani o attentati contro la sovranità degli Stati, meritano essere protetti.

La fortuna della soldatessa Chelsea Manning, l’evidenza di processi condotti da grandi giurie e, posteriormente, la situazione che confronta Edward Snowden, rifugiato in Russia, corroborano le paure di Julian Assange per la sua sicurezza, la sua libertà e la sua vita quando si è rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana a Londra, più di due anni fa.

Per la protezione effettiva dei diritti umani, è necessario che tutti gli Stati ratifichino e compiano gli strumenti internazionali in vigore. L’Ecuador ha manifestato il suo compromesso inamovibile in questo ambito ed è firmatario di multiple convenzioni vincolanti che riconoscono e difendono i diritti umani inalienabili.

Assumendo la responsabilità di articolare una cooperazione giudiziale effettiva tra Stati, l’Ecuador ha offerto alle autorità svedesi le sue dipendenze diplomatiche a Londra o la possibilità che si realizzi una videoconferenza, per permettere che il processo legale di Assange avanzi senza dilazione. Continuiamo senza capire perché, nonostante la cooperazione che offre il governo ecuadoriano per rilasciare le dichiarazioni nella nostra Ambasciata, la Procura svedese sacrifica la tutela giudiziale sapendo che si vulnerano i diritti di Julian Assange e quelli delle due donne svedesi che desiderano una soluzione rapida del processo legale.

Nonostante l’iniziativa proposta dal Governo dell’Ecuador di costituire un gruppo bi-nazionale di giuristi per velocizzare la risoluzione del caso (in un inizio accettata dal Governo del Regno Unito, in giugno del 2013), è triste affermare che fino ad oggi nessun risultato sia stato raggiunto.

L’impossibilità di uscire dall’Ambasciata impedisce a Julian Assange di godere del suo asilo politico e colpisce gravemente la sua qualità di vita e la sua salute. Due anni senza luce solare, senza aria fresca, senza potere camminare fuori. Non è giustizia per un rifugiato essere incarcerato da un processo giuridico stagnante. L’Ecuador è obbligato a proteggere il Sig. Assange nella sua ambasciata fino a che possa godere pienamente del diritto di asilo politico. Ci preoccupano le conseguenze di un’emergenza medica grave senza attenzione. È pertinente che Regno Unito e Svezia si domandino se assumeranno queste conseguenze.

Dobbiamo fare giustizia per chi ha sacrificato la sua libertà per informarci sui rischi della vigilanza di massa ed il futuro di Internet. Dobbiamo costruire un regime normativo internazionale vincolante che accompagni i processi della direzione della Rete Globale, con decisioni forti su questioni sensibili, come la protezione dell’intimità, la promozione della ciber-pace e lo sradicamento della ciber-guerra, la neutralità della Rete e la protezione inequivocabile della sua natura aperta e distribuita. In America Latina, contiamo sui processi di integrazione come CELAC, UNASUR ed Alba per eliminare la dipendenza tecnologica del Nord e fortificare la nostra sovranità.

L’Ecuador ratifica il suo compromesso con la salvaguardia dei diritti umani, la libertà e la vita di Julian Assange, rinnova la validità dell’asilo politico concesso due anni fa e reitera il suo sollecito di un salvacondotto affinché Assange possa muoversi in modo sicuro fino al territorio ecuadoriano.

Due anni è troppo tempo. È ora di trovare una soluzione viabile per questa situazione”.

da Cancelleria dell’Ecuador

di Ricardo Patiño

traduzione di Ida Garberi

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