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Occultano chi ha proibito a Sharon Stone di viaggiare a Cuba

È notizia in decine di mass media internazionali –specialmente della “stampa rosa” – la lite legale tra la conosciuta attrice nordamericana Sharon Stone ed il suo produttore Bob Yari. La radice del conflitto è il rodaggio del film “Papà”, sullo scrittore Ernest Hemingway, nella quale l’attrice era stata scelta per interpretare il ruolo di Mary Welsh, la moglie dello scrittore.

Il problema è sorto nei preparativi del rodaggio di varie scene a Cuba, paese nel quale Hemingway ha vissuto parte della sua vita. L’attrice accusa il produttore di obbligarla a falsificare i documenti per ottenere che il Governo degli Stati Uniti autorizzasse il suo viaggio all’Isola.

Ricordiamo che gli USA proibiscono ai suoi cittadini di viaggiare a Cuba, più ancora per girare un film che senza dubbio lascerebbe entrate nel paese. Ma, negli ultimi anni, l’attuale governo di Barack Obama sta autorizzando alcuni viaggi di carattere culturale ed accademico. Sembrerebbe, che il produttore Bob Yari avrebbe voluto camuffare il viaggio di Sharon Stone sotto una di queste figure legali. L’attrice si è rifiutata di correre il rischio ed ha perso il ruolo nel film, ma ora reclama nei tribunali il mezzo milione di dollari del suo contratto.

I mass media si concentrano nelle accuse mutue tra attrice e produttore, ed in altri dettagli del caso. Ma, curiosamente, sorvolano sopra un tema essenziale: perché una cittadina degli USA, il “paese della libertà”, non può viaggiare in un paese che si trova a meno di 90 miglia?

Le differenti versioni delle note di agenzia, pubblicate in decine di mass media, menzionano, effettivamente, “proibizioni (di viaggio) esistenti” o “proibizione che esiste per i cittadini statunitensi di viaggiare sull’isola”. Ma in molto poche si puntualizza che governo è quello che esercita questa proibizione. Non sarebbe strano che, prodotto dei pregiudizi creati da anni, come pioggia fine, da questi mass media, molte persone potrebbero credere che è il Governo cubano –non quello degli USA – che impedisce all’attrice di entrare a Cuba.

Una maniera abituale di camuffare la responsabilità del Governo degli USA nella violazione del diritto a viaggiare è ricorrere al conflitto storico dei due governi. “Cuba ed i viaggi dagli Stati Uniti continuano ad essere un tema spinoso”, leggevamo nel quotidiano spagnolo El Mundo. “I problemi tra Cuba e gli Stati Uniti continuano ad essere un tema complicato”, leggevamo in un altro mezzo di comunicazione dedicato alle celebrità televisive. Tutto per spiegare che sono gli USA che proibiscono alla loro popolazione di viaggiare a Cuba mentre, dall’Isola, si promuove per tutte le vie l’avvicinamento culturale ed il turismo nordamericano, generatore di valute.

La stampa rosa “Chi” assicurava che “non è la prima volta che famosi si vedono avvolti in polemica per viaggi realizzati all’isola caraibica”. La sua spiegazione non poteva essere più kafkiana: dovuto ad “un bloqueo diplomatico sostenuto da più di 50 anni tra gli Stati Uniti e Cuba, qualunque statunitense può avere dei problemi legali per entrare all’isola, e viceversa”. Cioè: che il bloqueo economico che soffre il popolo cubano da più di 60 anni non è imposto dal governo degli USA, ma è un “bloqueo” mutuo tra i due paesi. Incredibile.

Curiosamente, l’unico mezzo di comunicazione che ha chiamato le cose con il suo nome è stato Martì Noticias, mezzo creato dalla Casa Bianca per la sua guerra informativa contro Cuba. Lì leggevamo, con totale chiarezza, che la supposta falsificazione di documentazione di Sharon Stone aveva per obiettivo mentire “sulle ragioni del viaggio per ricevere il permesso da parte del governo degli Stati Uniti.”

Ed è che non esiste un’altra forma come quella di accorrere alle fonti primarie, in questo caso l’organo di propaganda di quelli che esercitano la repressione, la proibizione ed il bloqueo contro il popolo cubano, per conoscere le cose come stanno.

di Josè Manzaneda, Cubainformacion

traduzione di Ida Garberi

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