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Terrorismo mediatico: si impone la legge della selva nel giornalismo messicano

La Jornada

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Ieri, quattro dei cinque membri della prima sala della Suprema Corte di Giustizia della Nazione (SCJN) approvarono il progetto di risoluzione elaborato dal ministro Arturo Zaldivar Lelo de Larrea che concede un esonero definitivo alla rivista Letras Libre, che La Jornada denunciò nel 2004 per pubblicare un articolo nel quale accusò il nostro diario di essere complice del terrore e di essere al servizio di assassini iper-nazionalisti.

Culminò così un lungo processo legale che percorse istanze e difese di entrambe le parti, e che nella sua conclusione, lontano da radicare limiti chiari tra l’esercizio della libertà di espressione ed il diritto dei terzi all’onore ed al buon nome, pervertì i termini del dibattito pubblico, stabilì in realtà l’immunità, legittimò la bugia e legalizzò la calunnia.

È importante segnalare che nel dibattito pubblico che accompagnò il culmine del processo legale si arrivò ad affermare che La Jornada pretendeva distruggere la libera espressione o, peggiore ancora, censurarla, cosa che è assolutamente falsa: questo quotidiano accorse -infruttuosamente alla giustizia, alla fine – per chiedere una risoluzione che ordinasse alla pubblicazione diffamatore la presentazione di prove delle sue accuse o, in assenza di esse, una ritrattazione formale delle calunnie.

La sentenza commentata consuma, dunque, un’ingiustizia contro questo quotidiano, diffamato con impunità nelle pagine di Letras Libre, ma anche, ed è la cosa più preoccupante, apre la porta ad una severa degradazione della vita politica, sociale ed informativa del paese, precisamente in vigilia delle campagne mirando all’elezione presidenziale dell’anno entrante.

Col precedente della sentenza promossa ieri dal massimo tribunale del paese, qualunque mezzo potrà dire praticamente qualunque cosa di qualunque persona di rilevanza pubblica; i famosi di qualunque ambito potranno coprirsi di fango tra loro, ed i mezzi informativi potranno accusarsi mutuamente di delitti gravi -quello di complicità col terrorismo, per esempio -, senza che il sistema di giustizia si veda costretto ad intervenire. In aggiunta, le corporazioni mediatiche, le riviste ed i quotidiani avranno la libera possibilità di ricorrere all’ingiuria contro i loro competitori commerciali.

È difficile vedere una contribuzione al dibattito pubblico ed alla democrazia tanto controproducente come quanto riferito. In un contesto simile, facilitato dalla sentenza di ieri della SCJN, non perdono solo la civiltà repubblicana, il mestiere giornalistico e l’etica in generale, ma anche il pubblico, i radioascoltatori, i lettori, che si potranno disinformare in maniera sistematica e manipolare senza paura di conseguenze legali.

È difficile credere che i magistrati che approvarono questa sentenza inappellabile e legale, ma impresentabile, non abbiano previsto simili implicazioni.

La Jornada potrebbe partecipare a queste nuove regole del gioco, ma non lo farà. Senza rinunciare all’esercizio della critica, si manterrà fedele, indipendentemente dalle circostanze, ai principi ed ai valori che le diedero origine e che obbligano ad un esercizio responsabile ed etico della libertà di espressione.

preso da www.cubadebate.cu

traduzione di Ida Garberi

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