Opinioni »

La sconsiderata offensiva della NATO in Libia

Marcos Ávila

Sono stati così tante in questi giorni le operazioni di propaganda della NATO e del suo codazzo di mezzi di “informazione” nella sua guerra in Libia (che, secondo l’ONU, non sarebbe dovuta entrare nel conflitto) che si è ignorato un fatto gravissimo: la madre di tutte le bugie, l’invisibile verità che risplende e che con un sol colpo smentisce tutte le false intenzioni democratiche delle potenze capitaliste della NATO e dei suoi pochi sodali non africani, selezionati tra i più retrogradi, reazionari e medievali del Medio Oriente.

Quello che va evidenziato è che questa offensiva del NATO è un’azione disperata. È stata decisa dell’ultima riunione dei sodali di questo progetto per l’espropriazione della Libia, del cosiddetto Gruppo di Contatto, sostenuta in qualche cittadella mediorientale, dove è assai probabile che governi una fosca monarchia medievale di quelle che le potenze capitaliste, ovviamente, proteggono dalle false imputazioni di torture sistematiche o di metodi antidemocratici

L’attuale offensiva, sorretta dalle bombe e dalla informazione, attuata dagli aeroplani e gli elicotteri da una parte, e dai media più importanti – e anche da molti dei minori – dall’altra, è stata utilizzata anche per un fatto di pubblico dominio, ma che ora viene occultato e al quale mi riferirò più avanti.

Perché, per incominciare, perché si sono alzati al mattino tanto pressati dalla necessità di un gesto così rapido come l’assalto di Tripoli”? Analizzando tutto il contesto nel quale bisogna diagnosticare questa agonizzante energia germogliata nella NATO e nei suoi alleati nel Ramadan, la fonte di questo impulso febbrile sta nel fatto che i governi avvoltoi sono, a porte chiuse, veramente esausti. La loro alleanza titubante ha le ore contate perché stanno per accendersi nuovamente tutti gli allarmi, i fischi e le luci rosse. O ci siamo già dimenticati che meno di un mese sono esplosi sintomi di dissenso tra gli abbrutiti governi capitalisti? (E pensano di abbrutirsi ancora di più, perfino contro la propria gente, nella fuga isterica dalla crisi profonda, scattando in avanti, verso un abisso che mascheri la caduta in picchiata delle proprie economie.) Quelle che hanno meno scherzato sul compito a loro assegnato sono stati le esemplari monarchie medievali come l’Arabia Saudita, il Qatar o gli altri paradisi democratici nei quali l’Occidente capitalista si specchia e deposita tutta la fiducia che ripone nel Medio Oriente, Israele a parte, la figlia prediletta, anche quando uccide in pubblico.

Non ricordo dove venne svolta l’ultima di queste riunioni del Gruppo di Contatto, sempre convocate dalla Clinton per alimentare la sua guerra in Libia. Forse è stata a Istanbul, o forse ce n’è stata un’altra. Fu preceduta, questo sì, da un uragano di minacce, o per meglio dire, di nevrosi avanzate di molti dei suoi agonizzanti sodali (tra cui l’Italia) che minacciavano di sganciarsi dalla gigantesca voragine che questa guerra eterna continua a provocare alle loro malconce economie.

Si sa tutto questo, è prevedibile, solo che ora non lo danno a vedere. Ci fu – non si può mettere in dubbio – un forte appello al silenzio in quell’ultimo summit dei soci tenuto per mangiarsi la torta libica. L’ordine fu quello di lavare i panni sporchi in casa. Non lo dicono, l’Italia, la Spagna e molti altri nella stessa situazione. Non lo dicono, ma lo pensano e non possono smettere di pensarlo, perché le spese crescono astronomicamente e le notizie ottimiste non riducono il buco nel bilancio. Ogni nuovo giorno che passa qualcuno deve pensarci con più urgenza, anche se sono imbavagliati da un patto di silenzio.

E tanto scialo “democratico” si verifica in un clima cronico di turbolenze ricorrenti nelle loro economie unificate, atrofizzate, pericolanti. I guerrieri “per la libertà” della NATO attaccano e dissipano miliardi in spese militari, mentre, simultaneamente, danno la colpa al sistema sociale dei governi che li hanno preceduti, o dei quali facevano loro stessi parte, forse per disattenzione, perché si dicevano socialisti, per i passivi di bilancio diventati ingestibili. Tutto questo coro demente di avvoltoi al governo e di mezzi di disinformazione non meno rapaci sostiene la necessità di ridurre le spese sociali, mentre allo stesso tempo approva lo sperpero delle risorse impegnate in questa guerra demente, questa nuova bocca insaziabile che si divora tutti i fondi, inclusi quelli dei decenni futuri. Quello che perseguono i governi e i media rapaci imprenditoriali, con la falsa informazione, tutti in coro con i loro ideali democratici furiosi e pragmatici, è stato già rivelato da una fuga di notizie pubblicata alcuni giorni fa.

Il progetto era stato progettato minuziosamente, fu pianificato e scritto molto prima dell’attuale complotto golpista della NATO in Libia. Pertanto signori, qui non si improvvisa: esisteva già un piano per la “liberalizzazione” della Libia, un progetto capitalista di colonizzazione di questo paese, protetto dalla sempre presente e immancabilmente storpia zampaccia creola che appare sempre e apparirà nelle avventure coloniali. La liberalizzazione senza attenuanti della libertà di iniziativa dei ricchi, per schiavizzare quelli che non lo sono.

L’attuale guerra in Libia – come si fa a non vederlo? – è una guerra della NATO che utilizza a tempo determinato gli alleati libici (per lo meno questo è quello che dichiarano questi ultimi in pubblico) come una scusa perfetta per poter violentare impunemente il testo, già venefico, della risoluzione 1973. Questa è la risoluzione, ricordiamolo, che l’ONU ha approvato ingenuamente, se si parla della maggioranza dei suoi membri o, malevolmente, come nel caso delle potenze che hanno spinto in modo contorto questa risoluzione umanitaria, per poi dedicarsi a bombardare la Libia senza mai metterci piede, questo sì, ma dagli elicotteri è tutta un’altra storia – si dicono, cinicamente – e massacrano migliaia di vittime, tra loro centinaia di bambini e, di passaggio, anche le infrastrutture civili di un paese sovrano in via di sviluppo.

Ma la scusa della NATO e degli stati avvoltoi – che si sono messi in disparte dai ruoli da protagonista di questa canagliata, ma che in realtà dirigono e sostengono essenzialmente con gli attacchi aerei – non regge per via delle sopravvalutate operazioni terrestri dei suoi alleati “libici” perché, come sta diventando sempre più palese, fanno parte di questo esercito di terra – a cui la NATO si affida – mercenari europei pagati dalle potenze capitaliste (Blackwater, e altri marchi di fabbrica), oltre a guerrieri di Al Qaeda provenienti dell’Afghanistan e da altri paesi del mondo musulmano. Tra la documentazione che prova la presenza di questi mercenari stranieri occidentali e non, che combattono nell’esercito “ribelle” e “libico” sotto mandato della NATO, si può evidenziare, ad esempio, questa piccola lista di fatti incontrovertibili.

http://leonorenlibia.blogspot.com/2011/08/mercenarios-y-asesores-militares.html

Questa guerra, ricordiamolo, senza una copertura della NATO e con l’opposizione totale del resto dell’Africa, assicura un massacro indiscriminato, di donne, di bambini e civili con un’impunità mediatica mai prima vista. Gli stati avvoltoi capitalistici transatlantici, con i loro aerei, con i traffici di armi e il denaro rubato (non a Gheddafi ma a fondi appartenenti allo stato libico), pestano sull’acceleratore disperatamente e spingono, o piuttosto dirigono, l’esercito di terra verso una nuovamente illusoria e rapida conclusione, grazie a un “assalto finale” a Tripoli. Il fatto scandaloso che viene ignorato è quello che è avvenuto dopo l’assassinio di Younes, il massimo dirigente militare dei ribelli, fermato dagli emissari del CNT, con la morte già decisa in anticipo e giustiziato con perfidia. La cosa scandalosa si è verificata quando non hanno potuto dare la colpa a Gheddafi. E così c’è stato un secondo colpo di stato dentro il primo, dentro quello che era stato aizzato dalla NATO. Quel paravento del Consiglio Nazionale di Transizione sul quale si appoggia questa nuova invasione straniera era formato alla lettera, se non ricordo male, da trenta o da trentatre persone. A parte i nomi noti, che sono ex ministri del governo di Gheddafi con forti intrecci di formazione e di pensiero col liberalismo più selvaggio (perché Gheddafi gli ha fatto lasciare il paese, è qualcosa che mi chiedo spesso), la maggioranza di questo “consiglio” è formata poi da avvocati e imprenditori, che sono sempre rimasti nell’ombra, nell’anonimato, per la propria sicurezza, così dicevano.

Ora Mustafa Abdul Jalil, il losco personaggio che guidava questo consiglio “comunitario” dopo essere stato il ministro di Gheddafi per poi passare al colpo di stato, ha annunciato la morte del suo alleato Younes e dei due colonnelli che lo accompagnavano, versando tre lacrime di coccodrillo mentre cercava di attribuire la colpa, di rimbalzo, all’esercito di Gheddafi. Alla fine, con un gesto che ha preceduto esattamente questa offensiva, ha finito per sfruttare il movimento prodotto da questa perfida morte, portando a sé il resto del “consiglio” e assumendo personalmente tutto il potere, riuscendo a gettare una cortina di fumo sulle indagini di questo crimine orripilante.

Di tutto questo i media, niente. Giustamente, penseranno, se il resto di questo Consiglio Nazionale di Transizione era anonimo, non si possono certo rendere conto se sono stati fuori da un colpo di stato. Un colpo di stato dentro un altro colpo di stato. Ora sappiamo che questo Consiglio Nazionale di Transizione non è un “consiglio”. Ne ha assunto la direzione la NATO. Il sequestro di Younes e il seguente assassinio, con il corpo bruciato, erano stati già annunciati, ed è avvenuto di fronte agli occhi di tutto il mondo. È stato giustiziato da un comando innominato che rimane e rimarrà impunito.

Questo vuoto di potere che incarna l’ascensione al potere assoluto di questo uomo della NATO, che ha tolto di mezzo con una manata, tra le altre, la tribù di Younes, non potrebbe essere , oltre alle urgenze per i bilanci già analizzate, il fatto scatenante di questo insensata offensiva “lampo” che si è prodotta quasi per nascondere questo ultimo colpo di stato?

La seconda parola che si confà a questo marchio infame del CNT della Libia, che le potenze colonizzatrici si sono affrettate a riconoscere, è, giustamente, “nazionale”. È un’altra parola che bisogna mettere in dubbio. Già lo sappiamo, le avventure colonialiste hanno bisogno di una patria da sbandierare, sostenuta da oppositori senza patria disposti a consegnare le risorse del proprie paese in cambio di un accordo che convenga agli invasori. Questi “nazionalisti” della Libia, questi “ribelli” senza patria, appena sono riusciti, in modo malfermo, ad attaccare la loro bandiera a un palo, hanno chiesto che gli eserciti delle potenze imperialiste attaccassero la Libia, il proprio paese.

In terzo luogo, se, ci sarà sicuramente una transizione – l’unica cosa certa del marchio del CNT libico – non sarà davvero facile, e magari, forse, in una direzione diversa dai propositi della NATO.

(Tra parentesi, per concludere, se c’è qualcosa che dimostra l’impunità in cui sguazzano attualmente i mezzi di comunicazione è che oramai non fanno più rettifiche. La bugia è continuata e i media evitano anche l’antica tecnica della smentita in caratteri minuscoli, in contesti quasi invisibili. Oggi i media pascolano in un territorio dove sanno che la clientela risponderà alle consegne emotive con cui manipolano la guerra di informazione una volta che si è appropriatamente demonizzato l’obbiettivo. Quelli che si sono già schierati non chiedono rettifiche una volta che venga provato che, nuovamente, gli avvoltoi, mi ripeto, e tra loro i governi, gli imprenditori e i media, avevano iniziato una nuova guerra con un’informazione putrida. Quello che ha preso partito contro Gheddafi e, come sembra, contro la gran parte del popolo libico che appoggia un governo incalzato dall’esercito più potente al mondo, non cerca la verità. La verità è nascosta al centro di una folle sfera di menzogne che si dirige verso il precipizio del cinismo: costituisce la verità essenziale del modo di vivere, di pensare e di agire dalla ricca classe imprenditoriale, speculatrice, padrona delle azioni quanto dei governi e dei mezzi di comunicazione.)

Fonte: Come Don Chisciotte

1 Commento

Commento all'articolo
  1. Rossana Chimenti / psicoterapeuta

    Premetto che Gheddafi non mi è mai piaciuto, è una persona che non stimo, per la sua politica che mi è sempre parsa ambigua e per le condizioni dei libici, sono felice se quel popolo può aavere migliori condizioni di vita;ma ABORRISCO ciò che hanno fatto le nazioni “democratiche” e “libertarie” della NATO, sono intervenute con la guerra, bombardando e uccidendo.Quelle stesse nazioni dove erano quando l’America latina era in mano a colonnelli e generali che uccidevano, massacravano e torturavamo miglia di persone, quando le manifestazioni venivano represse nel sangue. Avevano un vuoto di memoria per la democrazia e la libertà libertà, o forse non c’era niente da depredare, già lo facevano con i governi fantoccio che avevano messo a dirigere, per cui non occorreva inventarsi” sante guerre democratiche”. Sono inorridita da questa ipocrisia, almeno nominassero le cose con il loro nome: guerre colonialiste ed imperialiste, provo un profondo imbarazzante senso di disgusto!!!!

    Rispondi     

Lascia un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati. *

*