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Il dolore che non vivrò

Ho appena visto, costernato, l’intervista che TeleSur ha fatto ad Emiliano Navarrete, l’umile padre di uno dei 43 giovani scomparsi negli oscuri incidenti della municipalità messicana di Iguala.  

Ha trasmesso quei sentimenti puri che possono germogliare solo dall’anima paterna. Sospirò, quasi, la speranza di trovare vivo suo figlio di appena 18 anni. Mi ha toccato il cuore ascoltarlo, la sua storia e le sue suppliche.

Ho pensato–mentre lo ascoltavo -, in David, mio figlio con quasi gli stessi anni come quello di Navarrete. Ho ricordato velocemente tutte le cose essenziali che ha avuto e tutto quello che gli è mancato. Ho anche pensato a Daniel Alejandro, il bambino che presto mi rallegrerà in questo mondo. I miei calcoli e successive immagini sono andate a finire sempre sulla fortuna della vita. L’ho ringraziata per lui, dentro di me. Ho ringraziato per la fortuna di condividere i sogni e le frustrazioni di un paese dove i miei figli, tutti i figli, non vivono né vivranno l’inquietudine della morte organizzata, né la sparizione forzata, né l’impunità che lacera.

Mi ha fatto male profondamente Emiliano. Mi ha riempito enormemente il cuore la mia fortuna di padre.

 

di Randy Alonso Falcon, direttore di Cubadebate

traduzione di Ida Garberi

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