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Facciamo volare dei nastri gialli per tutta Cuba

Josè Pertierra

Josè Pertierra

Ho una memoria storica. Ricordo come la campagna del nastro giallo negli Stati Uniti ha commosso il paese.

Tutto è cominciato con una cronaca scritta da un brillante giornalista di New York, Pete Hamill, nell’anno 1971. La cronaca si chiamava “Going Home” ed è stata pubblicata nel New York Post. Hamill ha raccontato il viaggio in autobus da New York alla Florida di un certo Vingo, che era evidentemente depresso e preoccupato.

Nell’autobus c’erano anche sei adolescenti in vacanza. Una di loro ha iniziato una conversazione con Vingo e questi gli ha raccontato che era stato incarcerato per vari anni e che l’avevano appena liberato. Che aveva detto anteriormente a sua moglie che se la separazione era molto dura per lei che lo dimenticasse e si cercasse un altro compagno. Che lui avrebbe preso un autobus da New York alla Florida. Che l’autobus passava davanti alla casa, dove c’era nel giardino un rovere gigante. Gli ha detto che se lei voleva che lui ritornasse a casa, allora doveva mettere un nastro giallo all’albero. Vingo gli ha detto: “Se vedo il nastro nel rovere, scendo dall’autobus. Se non la vedo, continuo il viaggio.”

La ragazzina ha raccontato a tutti il fatto ed i passeggeri si sono appiccicati ai finestrini dell’autobus per vedere se c’era il nastro giallo nel rovere. Quando l’autobus si è avvicinato alla casa, i passeggeri si sono commossi vedendo centinaia di nastri gialli legati al rovere. “Il rovere si era trasformato in un cartello di benvenuto ed era come una bandiera che ondeggiava e ballava col soffio del vento”, ha scritto Hamill.

Mentre i passeggeri applaudivano, gridavano e piangevano, Vingo è sceso dall’autobus ed è entrato in casa sua.

Questa è la cronaca che ha ispirato la canzone.

Io ricordo come se fosse ieri. Ricordo anche la canzone e quello che ha significato per i parenti dei prigionieri della guerra in Vietnam.

Dopo la guerra sono rimasti centinaia di soldati statunitensi incarcerati o scomparsi in Vietnam. Gli statunitensi non li hanno dimenticati. Hanno appeso dei nastri gialli agli alberi, nelle case e nei vestiti. Allo stesso modo hanno fatto quando la crisi degli ostaggi in Iran.

Questa idea di Renè, con la cubanizzazione della canzone di Tony Orlando che hanno fatto i nostri musicisti (Silvio, Amaury, Kiki, Frank), è geniale, e mi ha emozionato tanto o di più della versione originale, perché qualunque cubano degno, stia dove stia, sente quello che dice questa canzone. Abbiamo ingiustamente quattro fratelli incarcerati negli Stati Uniti, e pertanto facciamo volare i nastri gialli per tutta Cuba affinché il mondo sappia che loro sono da 15 lunghi anni lontano dai loro cari e dalla loro patria. Che quelle condanne ci fanno male, perché sono ingiuste. Che loro sono i nostri eroi, i nostri fratelli. Che non li abbiamo dimenticati e che stiamo aspettandoli.

Mettiamo nastri gialli alle ceibe de L’Avana Vecchia. Alle case di Mayabeque e di Santa Clara, agli uffici a Santiago. Nei campi di canna da zucchero del paese, nel Pico Turquino e nella Punta di Maisí.

Che soffi il vento affinché le nuvole de L’Avana portino questo anno un uragano giallo fino alla strada 16 ed il viale Pennsylvania a Washington, dove si trova la Casa Bianca.

Che sappia il Presidente Obama che i nastri gialli dei Cinque continueranno a volare fino a che liberi Gerardo, Ramon, Fernando e Tony. Fino a che loro stessi possano togliere i nastri con le loro proprie mani.

(Intervento di Josè Pertierra nella Mesa Redonda della Televisione Cubana del 4 settembre 2013)

traduzione di Ida Garberi

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