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Ecuador al voto: trionfo della Revolucion Ciudadana

Il popolo ecuadoriano premia il presidente socialista Rafael Correa e il Movimento Alianza Pais – Patria Altiva y Soberana. Trionfa la Revolucion Ciudadana. Non appena si diffonde la notizia – i primi exit poll confermano la larga affermazione del presidente uscente come previsto nei sondaggi – gli ecuadoriani si riversano gaudenti nelle piazze di Quito, Guayaquil e di tutto il paese.

D’altronde sono loro, i cittadini ecuadoriani, i protagonisti principali della Revolucion Ciudadana, che attraverso questo passaggio elettorale si consolida. Tappa fondamentale per lo stato andino impegnato nell’edificazione del Socialismo del Buen Vivir.

Vittoria popolare netta e inconfutabile come ha rimarcato il presidente stesso, che vede Correa premiato con il 56,7% dei voti, mentre il principale avversario Guillermo Lasso, ex banchiere leader del movimento di destra Creo, propugnatore di un sostanziale ritorno al liberismo, si ferma a distanza siderale raccogliendo appena il 23% dei consensi. Ancora più in basso, al 6%, l’ex capo di stato Lucio Guiterrez del Partito Sociedad Patriottica. Così come l’outsider di sinistra Alberto Acosta leader di Alianza Plurinacional de Izquierdas, già ministro del primo governo Correa che ottiene il 3,2% dei voti, nonostante da certi settori dei media fosse indicato come una possibile insidia per il presidente uscente. La vittoria di Alianza Pais, secondo i dati del conteggio rapido diffusi dal Consejo Nacional Electoral dell’Ecuador, è davvero schiacciante, oltre che globale. Il Partito del presidente ottiene infatti una larga maggioranza anche all’Assemblea Nazionale – ben 90 membri su 137 – con cui potrà tramutare in realtà le 35 proposte per il Socialismo del Buen Vivir – governare per approfondire il cambiamento, che costituiscono l’ossatura del programma di governo per il quadriennio 2013-2017.

«Il cambiamento in atto in Ecuador, nei prossimi quattro anni diverrà irreversibile, in funzione dell’essere umano e delle grandi masse». Queste le prime parole di Rafael Correa, pronunciate in conferenza stampa, con la presenza dei media internazionali, organizzata al Carondelet – Palazzo del governo di Quito – dove poi è tornato a esplicitare un grande obiettivo della rivoluzione in corso in Ecuador: sradicare definitivamente la povertà. «Lo faremo – spiega Correa – attraverso buone politiche economiche capaci di generare posti di lavoro e recuperare le risorse naturali. Dando la priorità alle opere sociali piuttosto che al debito». Politiche economiche che un «tecnico» avveduto come il presidente ecuadoriano – economista laureatosi negli Stati Uniti specializzato sugli effetti delle politiche liberiste in America Latina – ha applicato sin dalla sua ascesa al potere, quando si trovò davanti a una nazione devastata dalla «lunga e buia notte neoliberale». Dove la politica era subordinata al profitto delle grandi multinazionali che spadroneggiavano nel paese ed era stato privatizzato tutto il privatizzabile. Dalle risorse naturali e strategiche, alla sanità, all’educazione.

Politica economica antitetica al liberismo, funzionale alla costruzione del Socialismo del XXI secolo, nel solco del cambiamento tracciato dal comandante Hugo Chavez in Venezuela. I risultati lusinghieri, in particolare per la ricaduta positiva sulle condizioni di vita dei proletari, si riscontrano in maniera inequivocabile, dall’analisi di alcuni dati statistici: l’Ecuador è l’economia più dinamica della regione sudamericana dietro il Perù, con un tasso di crescita pari al 5,5% (dati HSBC), mentre il Prodotto Interno Lordo cresce alla media del 4% annuo. In sei anni di Revolucion Ciudadana, Correa, ha inoltre dimezzato il debito, triplicato la spesa sociale (9380 milioni di dollari negli ultimi quattro anni), abbattuto povertà e disoccupazione scesi al minimo storico per il paese andino. Una sorta di «miracolo economico» reso possibile anche da un massiccio piano d’investimenti pubblici – 25,4% del Prodotto Interno Lordo – che ha avuto il merito di creare un effetto moltiplicatore decisivo per la rinascita dell’economia ecuadoriana distrutta dal ventennio neoliberista. Chi pensa che tali investimenti siano stati possibili solo grazie alle ingenti entrate legate all’alto prezzo delle commodities (petrolio, oro, materie prime di cui l’Ecuador è ricco), si sbaglia di grosso. Negli ultimi sei anni, infatti, le esportazioni non petrolifere sono accresciute del 20% pari a 9377 milioni di dollari, e per la prima volta in assoluto i ricavi non provenienti dal settore petrolifero sono aumentati del 8,8%.

Le prime felicitazioni per la rielezione di Rafael Correa sono arrivate dai principali alleati – nonché fautori del progetto di Patria Grande e Socialista latinoamericana – Hugo Chavez, Raul Castro e Daniel Ortega. «Caro Rafael Correa – scrive il presidente cubano Raul Castro Ruz – inviamo le nostre congratulazioni per la vittoria schiacciante, espressione irrevocabile del sostegno popolare alla Revolucion Ciudadana, che sono certo continuerà a contribuire al rafforzamento dell’unità dei paesi dell’America Latina e dei Caraibi. Ribadisco – continua il presidente cubano – l’impegno del governo e del popolo di Cuba per rafforzare ancora di più i legami fraterni tra noi». Nella missiva inviata da Caracas, il presidente Chavez, che proprio quest’oggi ha fatto ritorno in patria da Cuba dopo l’operazione, scrive: «Il Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, a nome del popolo e del governo venezuelano condivide la gioia sfrenata del popolo della Repubblica dell’Ecuador, dopo la clamorosa vittoria del leader della Revolucion Ciudadana, Rafael Correa. L’imponente rielezione del presidente Rafael Correa – continua il Comandante Bolivariano – per un altro mandato a capo del processo di trasformazione democratica che vive l’Ecuador, è una vittoria per la dignità del popolo ecuadoriano, e una nuova lezione ai poteri che hanno fallito nel tentativo di bloccare la sua strada per rafforzare l’indipendenza, la sovranità e il Buen Vivir di tutti gli ecuadoriani». Nessun messaggio, come prevedibile, si segnala da Washington dove evidentemente hanno ben poco da gioire tra la rielezione di Correa e il ritorno a Caracas dopo l’operazione di Hugo Chavez. Una vittoria per tutti i popoli dell’Alba e per le forze Bolivariane e Socialiste della «Nuestra America». Un ulteriore passo verso la definitiva sconfitta della Dottrina Monroe e del Corollario Roosvelt. Insomma, l’era dell’egemonia imperialista nordamericana sull’intero continente sembra essere davvero terminata.

di Fabrizio Verde

preso da www.marx21.it

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