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A 4 anni dalla sua semina: Berta continua ad essere infinita

berta4anniTra gli 8,6 milioni di voci che abitano questo paesino, cuore dell’America Centrale, chiamato Honduras, 45 anni fa, è sorta la voce di una guerriera, di una donna forte che ha saputo incarnare tutte le allegre, giuste e necessarie disubbidienze, che non è riuscita a rimanere in nessun stampo e giustamente per questo motivo li ha rotti tutti e ne ha creato uno tutto suo, regolato con i suoi principi fermi ed infrangibili, come la sua voce, dove denunciava le ingiustizie e difendeva con coraggio i beni sacri del suo paese. Quella donna, alloggiata in migliaia e migliaia di cuori è Berta Isabel Caceres Flores.  

Era nata il 4 marzo 1973 a Esperanza, Intibucà. Indigena lenca, di madre levatrice ed infermiera che si è trasformata nella prima donna sindaco in Honduras, Berta Caceres ha saputo incarnare ed allargare fino limiti inimmaginabili questo lascito materno di potere e forza dalla condizione di donna. Nel 1993 è stata una delle fondatrici del Consiglio Civico di Organizzazioni Popolari ed Indigene dell’Honduras (COPINH) ed ha diretto da quel momento le costanti lotte in difesa dei beni naturali del popolo lenca. Minacciata, perseguita ed anche imprigionata per la sua lotta, Berta ha assunto tutti i rischi per amore ed ha saputo essere sempre una donna coraggiosa che diceva la sua parola ferma e senza paura.

Conversava col fiume Gualcarque, e riconosceva in lui le voci di tutti il suo antenati. Ha compreso come pochi il pulsare della “pachamama” ed ha saputo sentire nel suo sangue tutte le forme di vita palpitando. Aveva nel suo petto un amore che trascende l’idea dell’amore stesso, ed ha imparato a trovarlo nei visi dei suoi fratelli e sorelle lottatrici, ed ha saputo, nella lotta, gomito a gomito essere molto più di due.

Berta non è stata mai in nessun stampo. Li ha rotti tutti. Non è stata nello stampo patriarcale. Non è stata nello stampo di donna tradizionale, l’ha mandato al diavolo. Non è stata nello stampo di un’organizzazione popolare, nello stampo di un partito politico. Ha sempre detto le cose senza sotterfugi di fronte a qualsiasi persona. Berta era molto più che un’ambientalista. Berta incarnava i principi anti-capitalisti, antirazzisti, anti-patriarcali, antimilitaristi ed antimperialisti. Berta era anti-sistema.

Il 2 marzo 2016 hanno creduto di mettere fine alla sua forza, ma gli assassini non si sono immaginati che sarebbe stato l’inizio della nascita di migliaia e migliaia di Berte, lottando dal più profondo dell’indignazione e del coraggio. Comprendendo così quello che ha scritto Ana Frank nel suo diario sulla meraviglia di che ognuno di noi nel momento seguente può incominciare a migliorare il mondo.

Il 2 marzo il lascito di Berta Caceres ha commosso il mondo, perché non hanno saputo capire che le sue radici oltrepassavano qualunque frontiera,  che la sua forza penetrava perfino nel più profondo di quelli che conoscevano unicamente il suo nome. Berta è ritornata sulla terra, nel cuore della “pachamama”, alle fonti di acqua che hanno sempre fluito nel suo sorriso fresco e sereno, nel suo gesto gentile e nel suo spirito pieno di semplicità che concede solo la saggezza.

E così, in mezzo a migliaia e migliaia di fratelli e sorelle, il seme di Berta è  germogliato ancora prima di essere seminato. Oggi il suo spirito libero e ribelle saltella nella cascata, si abbraccia ad ogni albero, ad ogni goccia d’acqua del fiume e soffia soavemente sui visi dei suoi figli e figlie, fratelli e sorelle; di sangue e della vita.

Il suo seme germina, perché ha trasceso i limiti umani. Quelli che hanno tentato di farla tacere non hanno immaginato che avrebbero moltiplicato la sua voce ed il suo grido per il mondo intero. Quelli che hanno tentato di zittirla non hanno pensato che l’avrebbero ubicata dove sta ora, nell’infinito, nell’eterno, in quello che sprona le sue giuste e necessarie disubbidienze, nella memoria collettiva dei popoli, lì, dove giustamente non potranno mai cancellarla.

di Heidy Alachan

da Movimiento Amplio madj.org

traduzione di Ida Garberi

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