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La gente chiedeva soprattutto affetto umano, solidarietà, vicinanza umana

Foto: Yosvani Montano Garrido/ Facebook.

Foto: Yosvani Montano Garrido/ Facebook.

Lettera aperta alle mie compagne ed ai miei compagni di Psicologia

“Compagne e compagni psicologi e psicologhe,

Oggi, dopo aver registrato il programma televisivo “Vale la pena”, la stessa notte di mercoledì, con un messaggio umano, di solidarietà con quelli che sono oggi i più necessitati, in compagnia di altri colleghi, siamo stati nelle zone del disastro.

Nessuno lo ha chiesto, neanche abbiamo chiesto autorizzazione, perché la solidarietà umana e professionale, non può essere burocratizzata.

Semplicemente, come persone, come cittadini di questo paese, e chiaro, come psicologi che siamo, siamo andati a dare appoggio e accompagnamento alle persone che stanno soffrendo gli effetti del passaggio del tornado.

Siamo stati in 10 de Octubre, in Luyanò, zona tremendamente colpita, ed a Regla.

Un dovere umano, cittadino, e professionale ci ha spinto fino a lì.

Nulla di quello che abbiano visto nelle foto, né le forti immagini della televisione, è paragonabile con quello che abbiamo visto lì.

Una catastrofe!

Ma la nostra sensibilità professionale ci ha fatto capire e sentire il dramma umano che lì si vive.

Le persone ancora in shock, soffrendo, ci narravano che la morte era andata a cercarli, che le famiglie si abbracciavano “per scomparire insieme”, che i bambini piangevano e gridavano sconsolati e gli adulti non potevano fare niente, non sapevano che cosa fare.

Le narrazioni ci hanno fatto male, ci hanno spaventato. Le immagini associate a quello che hanno vissuto queste persone sono cariche di emozioni forti.

Ma siamo andati perché eravamo convinti che l’essenza della nostra professione è il benessere umano, non solo quello che investighiamo e teorizziamo, bensì soprattutto quello che le persone hanno o no, coltivano o soffrono per la sua assenza, quello che perdono irrimediabilmente in situazioni come quelle che hanno vissuto gli abitanti di queste zone, l’incertezza del futuro…. Troppe cose!

E possiamo, professionalmente, fare molto. L’abbiamo fatto, lo facciamo, molte volte, lo facciamo sempre. Dominiamo tecniche, procedimenti, sistemi di attuazione psicosociale, infine, siamo scientifici e lottatori professionali per il benessere e la felicità degli esseri umani. È stato emozionante vedere una nostra studentessa, per fare solo un esempio, tirare fuori dalla sua borsetta alcuni burattini, e lì, coi bambini, improvvisare un momento di allegria, di felicità, e contemporaneamente di gestione delle tensioni.

Così devono essere i nostri studenti, così dobbiamo educarli… Questo è il vero lavoro educativo.

Ma quando eravamo lì, soprattutto quello che ci chiedevano era affetto, ci chiedevano un abbraccio, ci ringraziavano per il solo fatto di stare lì, vicino a loro, ascoltandoli, condividendo alcuni momenti.

Soprattutto la gente chiedeva affetto umano, solidarietà umana, vicinanza umana.

Abbiamo camminato molto, zigzagando tra i rottami, siamo saliti e scesi da colline a Regla.

Non so come le mie ginocchia abbiano potuto sopportarlo… o magari loro non l’hanno sopportato, sono io che le ho ordinato di sopportare sotto il peso della mia convinzione professionale, personale, umana che dovevamo stare lì.

Dobbiamo stare lì… non sono necessarie citazioni ufficiali, è necessario aprire il cuore e fare valere il senso stesso della nostra professione.

La sola presenza è risanatrice, il condividere, lo stare lì, è un atto di riedificazione del benessere, quello di cui tanto si parla.

Ritorneremo, e quello che più vorrei è trovarmi con molti psicologi e psicologhe estendendo la loro mano, aprendo il loro cuore.

So che possiamo, che vogliamo e che lo faremo.

Un abbraccio grande,

Calviño”.

di Manuel Calviño, da Cubadebate

traduzione di Ida Garberi

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