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Le mani di Renè

Ha delle mani infinite. Per anni il suo viso immobile, stampato nelle più diverse forme in manifesti, murales e bandiere insieme ad altri quattro, appena lasciava notare l’uomo reale… quello dallo sguardo trasparente, che gli cambia il colore del naso quando l’emozione aumenta, che è diventato brizzolato nel carcere, che già usa gli occhiali per leggere, che è libero, però non del tutto.

Neanche le più ricercate frasi potrebbero acchiappare l’essere che non smette di parlare —perché deve dire tante cose—, che tutti i giorni è sorpreso dalle più diverse forme di solidarietà ed amore dei cubani, che vuole lo stesso per Gerardo, Antonio, Fernando e Ramon, l’uomo le cui mani sembrano essere state modellate per essere intrecciate a quelle di Olga…

Renè Gonzalez Sehwerert compie 57 anni oggi e per la prima volta dopo 23 anni fuori da Cuba, dopo più di 10 anni in carceri statunitensi, si sveglierà in questa data nel calore dell’abbraccio di sua moglie, per la prima volta, di mattina presto le sue figlie potranno mangiarselo di baci e ci sarà il suo piccolo nipote per riempirle l’anima di tenerezze. Oggi potrà pensare chissà che Fidel starà celebrando anche lui i suoi 87, e lo farà coi piedi sulla terra che entrambi continuano a difendere. Non sarà il telefono che farà da mediatore tra i suoi affetti: Renè potrà abbracciare sua madre e gli amici passeranno a vederlo, potranno stringerlo forte, in quel modo intimo, con cui lo ringraziano di tante cose.

Sicuramente ci saranno dei regali ed i telefoni non smetteranno di suonare. Benché rimanga la tristezza per la perdita di alcuni cari, forse avrà una torta ed i suoi si uniranno per cantargli Auguri! E comunque, il giorno sarà incompleto.

Da quando il suo volto, oltre che nei manifesti, nei murales e nelle bandiere, ha cominciato ad essere reale, da quando è possibile sapere che sta scalando montagne, percorrendo il paese, spingendo nei più dissimili scenari l’importanza di continuare la lotta, Renè è stato molto chiaro: Continuiamo ad essere Cinque. Per questo motivo, questo 13 agosto continueranno ancora a mancargli gli abbracci reali di Gerardo, Antonio, Fernando e Ramon e bisognerà continuare a combattere per portarli a Renè, a quelle famiglie che aspettano ancora, a Cuba.

Anche loro, potremo immaginarli un po’ più liberi, questa mattina e con un sorriso da compleanno, benché i loro carcerieri non possano capirlo. Chissà potranno comunicarsi, chissà potranno, con la dittatura dei minuti carcerari, dirgli a Renè la frase “Auguri, fratello”, che sicuro nascerà da loro e col quale smetteranno di stare dietro le sbarre, per vivere, per adesso, nella pelle dell’altro.

Se in queste 24 ore segnate dalla tradizione per celebrare la nascita ci fosse un breve spazio per la riflessione, forse Renè ricorderà con Olguita quel 13 agosto 2001: l’ultima volta che lei ha potuto visitarlo nel carcere prima che l’arrestassero, l’ultima volta che hanno potuto condividere il sapore della caramella alla menta che normalmente si scambiavano, come rito segreto.

Un bacio all’entrata ed un altro prima di partire, quello era tutto. Allora non potevano immaginare che non ci sarebbero stati altri baci di menta per più di una decade. Per questo motivo quando Renè è ritornato, solo per alcuni giorni per vedere suo fratello malato, aveva una caramella per lei, e non una qualunque, bensì una di quel pacchetto rimasto a metà dal 13 agosto 2001.

“Le promesse che io ho fatto ad Olguita erano molto importanti. Olguita mi ha accompagnato in tutta questa storia. Ha dovuto soffrire il carcere, l’arresto ed io non le ho fatto molte promesse, ne ho fatte poche, ma sono state le prioritarie, perché se lo merita”.

“Le caramelle sono una di queste; il diario affinché lei non si perdesse nulla del giudizio, poiché l’hanno mandata a Cuba per punirci ancora di più, è stata un’altra; tornare a vedere insieme un film…”, il suo viso si illumina quando menziona che finalmente ha potuto compiere questo debito, pendente dall’8 dicembre 1990. “L’ho già portata al cinema”, dice e cerca il volto del suo amore, quello sguardo di complicità. Sorridono.

Quando uno si immagina questo 13 agosto nella vita di Renè è possibile notare un’altra volta, come sempre, le sue mani inquiete, in ricerca costante di quelle di Olguita, perché le sono necessarie. Chissà ci sarà un momento nel quale il naso gli cambi colore, ed allora starà pensando a suo fratello Roberto, la cui respirazione non si è spenta come suppone la logica; o in Candido, suo padre, che continua ad essere il suo eroe, ed è dovuto morire affinché lui potesse ritornare definitivamente, affinché lui potesse vivere finalmente questo giorno a Cuba.

Renè ha delle mani immense. Vogliamo credere che siano perfette per sostenere e questo sarebbe in realtà solo un dettaglio della leggenda costruita su un eroe vero, “come tanti altri”, lui correggerebbe, in un sussurro. Tuttavia, la verità più profonda è che le sue mani, da sempre ed ancora di più a 57 anni, sono fatte per abbracciare Irmita ed Ivette, a sua madre, per prendere in braccio suo nipote, per proteggere le famiglie dei suoi fratelli di causa fino a quando ritornino, per appoggiare questo paese come tutti i cubani, per accarezzare sua moglie, per asciugare le sue lacrime, per intrecciarsi perennemente a quelle di lei, che lo completano.

di Nyliam Vazquez Garcia

foto di Eduardo Rodríguez Álvarez
preso da Juventud Rebelde

traduzione di Ida Garberi  

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