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Film sulla caduta di Pinochet non ha una grande accoglienza in Cile

Augusto Pinochet

Augusto Pinochet

Il film “No”, basato sul referendum che nel 1988 condusse all’uscita di Pinochet, segue qui in tabellone, benché senza l’ovazione che gli tributò il pubblico a Cannes.

Il quarto film di Pablo Larrain è ispirato ad un’opera teatrale del riconosciuto scrittore cileno Antonio Skarmeta, intitolata giustamente “Il Plebiscito” ed ha come protagonista il messicano Gael Garcia, una delle sue cause di trionfo.

Tuttavia, nello scenario domestico il film ha lasciato l’amaro in bocca sulla verità assente di una parte tenebrosa della storia del Cile, quella dei 17 anni di terrore della dittatura di Augusto Pinochet (1973-1990).

Il film, con solo soavi insinuazioni, lascia fuori buona parte di una verità che avrebbe dovuto essere presente, ha affermato il giurista cileno Eduardo Contreras.

Non è possibile, delimitò, continuare ad occultare che il plebiscito è stato un patto tra la dittatura ed un settore oppositore alla direzione di Washington, che comprese che le Forze Armate e della Sicurezza del Cile gli avevano già fatto il lavoro sporco.

Contreras condivide l’idea di settori della sinistra e del mondo sociale che in definitiva nel referendum finì vincendo il “Sì”, mantenendosi fino ad oggi in Cile l’istituzionalità imposta da Pinochet e la consolidazione di un modello economico depredatore.

Inoltre, l’investigatore e giornalista Dino Pancani crede che nel film si da un’esagerata importanza all’apporto che rappresentò il lavoro dei pubblicisti nella sconfitta di Pinochet.

“Il protagonista”, commenta, “non è interessato alla tematica sociale, non lo commuove: i morti, gli omicidi, la fame, la mancanza di libertà, tra le altre conseguenze di vivere in dittatura; bensì come la contesa gli permetterà di vendere un prodotto: il No.

“Al margine dei meriti di una costruzione filmica che conduce lo spettatore ad un momento di speranza e di lotta, il film dell’anche direttore di “Post Mortem” porta il pericolo di generare confusione nell’analisi dei fatti storici, di costituirsi come alleato della mancanza di memoria”, affermano i critici di cinema in Cile.

La storiografa ed insegnante di cinema Antonella Estevez mette in allerta sulla lettura di che è stata la pubblicità quella che ha sconfitto la dittatura e che il popolo cileno è stato sedotto dall’allegria esposta in quei 15 minuti giornalieri di televisione per votare contro il dittatore.

Questo sguardo, ha sottolineato, ignora la lotta di tutti quelli che hanno resistito alla dittatura da distinte trincee, sottovaluta l’intelligenza e la coscienza del cileno medio e soprattutto, è falsa.

Il gruppo del No articolò abilmente il sentimento di milioni di cileni, ma fu creato sulla base di questo sentimento, e non alla rovescia come si presenta nel film, conclude.

con informazioni di Prensa Latina

traduzione di Ida Garberi

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