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Paraguay nella battaglia contro i transgenici

Il Paraguay si trasformò in uno scenario di un evento trascendentale per la sussistenza dell’agricoltura contadina nazionale, lontana dai grandi interessi agro-esportatori, che svolgono un ruolo preponderante nella sua economia e hanno influenza vitale nelle sfere di potere del paese.

Benché le multinazionali ed altri interessi stranieri esercitassero da tempo la loro pressione ed il loro potere sulla nazione paraguayana, un’offensiva per l’introduzione massiva dei transgenici nelle campagne si vide molto favorita con l’arrivo al potere dell’attuale governo, grazie all’interruzione del processo democratico per la destituzione del presidente Fernando Lugo mediante un golpe di stato.

È impossibile negare che l’Esecutivo nato dal golpe parlamentare del passato mese di giugno, guidato da Federico Franco, ha fatto una stretta amicizia con la multinazionale statunitense Monsanto, che monopolizza il 90% della produzione di semi transgenici nel pianeta.

In sintonia con i grandi impresari agricoli e latifondisti del paese, il governo difese pubblicamente la convenienza dell’introduzione di questo tipo di produzione, nonostante le proteste dei sindacati e di altri gruppi contadini, che si registrano continuamente in Paraguay.

Una prima decisione di Franco è stata quella di autorizzare l’acquisto dei semi e gli agro-chimici necessari per utilizzarli, presentando il tutto come imprescindibile per un incremento notevole della produzione del cotone.

Le obiezioni sono state forti perché si calpesta il Protocollo di Cartagena, ratificato dal Paraguay nel 2003, che dispone il compromesso di effettuare previamente la valutazioni dei rischi prima di liberare nell’ambiente gli organismi modificati geneticamente.

Questo primo passo, motivò le corrispondenti accuse del settore contadino ed indigeno, che segnalarono che così si elimina non solo l’uso del seme autoctono, ma anche si usavano troppi prodotti chimici tossici, rischiosi per la salute degli agricoltori, dell’ecosistema e per il proprio terreno.

La semina ed il raccolto con questo tipo di semi ed erbicidi non permette l’utilizzo corretto della terra da parte di nessun altro raccolto ed inoltre, il suo prezzo è impossibile per i piccoli e più umili produttori, fatto che li obbliga a dipendere dai grandi latifondisti ed a consegnarle i loro raccolti.

Gli argomenti branditi dai difensori della Monsanto ci hanno permesso di ricordare quello che si nasconde, occulto, nella propaganda diffusa sulle bontà del famoso seme.

In primo luogo, per ottenere benefici dal suo utilizzo, è necessario usare il pacchetto tecnologico che l’accompagna –chiaramente venduto dalle stesse multinazionali – come contare sulle condizioni obiettive per estrarre il maggiore prodotto.

Quello significa fertilizzazione ottima, irrigazione e provvista di acqua al maggiore livello, applicazione opportuna degli agro-tossici ed erbicidi ed, alla fine, la meccanizzazione del raccolto.

Un documento preparato dal Fronte Guasú, coalizione di partiti ed organizzazioni sociali di sinistra, ricordò che, nei paesi dove si applica questo pacchetto e si trovano le condizioni necessarie, i contadini ricevono un forte appoggio statale.

Questo appoggio include la materializzazione di crediti leggeri, come la copertura per la preparazione dei suoli, raccolta e commercializzazione, tutto questo molto lontano da quello con cui possono contare i contadini paraguaiani e solo possibile per i latifondi agro-esportatori.

Nelle condizioni paraguaiane, il contadino o indigeno produttore si trasforma in un altro cliente del grande imprenditore, somministratore dei semi acquisiti alla Monsanto, senza contare sul grave problema dell’aumento della disoccupazione, implicito nella meccanizzazione imposta dai padroni delle risorse.

È appena uscito ora alla luce pubblica il secondo grande annuncio del governo sul tema, perché si amplieranno i permessi alle grandi imprese per importare tutto quanto sia necessario per la produzione del mais transgenico.

Il mais, una delle principali produzioni del campo paraguaiano, si vedrà ora circondato dalla profusione in arrivo di semi di cinque varietà di questo alimento, la maggioranza, ovviamente, acquistate attraverso la Monsanto.

Insieme a tutto ciò, informazioni di stampa non smentite assicurarono che, prima di terminare l’anno, Franco darà la sua autorizzazione alla liberazione di una modalità di soia transgenica, sempre con la partecipazione della menzionata multinazionale nordamericana.

La notizia confermò le paure delle organizzazioni contadine ed indigene, che non c’è retromarcia relativamente agli accordi del governo con la Monsanto, che potrà controllare coi suoi semi, erbicidi ed agro-tossici, accompagnata dai grandi imprenditori nazionali, tutto lo sviluppo ed il prodotto dell’agricoltura nazionale.

Questo include un golpe devastatore all’agricoltura familiare e contadina, di notevole importanza nella struttura agraria paraguaiana che, inoltre, conta su un’enorme massa di contadini senza terra, che vedranno, per la meccanizzazione, ancora più improbabile la possibilità di vivere e lavorare in un appezzamento proprio.

Davanti alla tragedia, le organizzazioni contadine ed indigene promisero continuare con le loro mobilitazioni, proteste di strada ed appello a tutte le istanze possibili per fermarla.

Uno dei suoi principali dirigenti, Luis Aguayo, responsabile della Coordinatrice di Organizzazioni Contadine ed Indigene, è stato contudente affermando che i semi transgenici peggiorano la situazione del campo, velocizzano la crisi climatica e mettono in serio pericolo la vita e la biodiversità.

di Javier Rodriguez

preso da Prensa Latina

traduzione di Ida Garberi

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