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Italia: la riforma del “Punto Fijo”

Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Foto ANSA

Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Foto ANSA

Tra l’incertezza politica ed economica che affligge l’Italia, dopo nove anni di incessanti proteste cittadine contro l’attuale legge elettorale, formulata nel 2005 dall’allora Ministro per le Riforme, il leghista Roberto Calderoli, che successivamente la definì una “porcata”, oggi è approdato in Commissione per Affari Costituzionali della Camera dei Deputati un primo progetto-base per riformarla e per l’eliminazione del Senato della Repubblica (secondo ramo del Parlamento italiano).

 

Il progetto è il risultato di un paradossale accordo politico tra il giovane Matteo Renzi, Segretario Generale del Partito democratico (centro-sinistra), sindaco di Firenze e presentato con il volto del «rottamatore» della vecchia guardia politica, e Silvio Berlusconi, leader del ricostituito Forza Italia (centro-destra), recentemente espulso dal Senato a causa di una condanna penale definitiva per evasione fiscale, ed esponente di quella stessa vecchia guardia che Renzi aveva promesso di «rottamare».

Nel dettaglio, la nuova riforma prevede l’esistenza di due soglie di sbarramento per partiti e coalizioni di partiti, la cui legittimazione sarà garantita se otterranno rispettivamente l’8 e il 5% dei voti nazionali; introduce la possibilità di una seconda tornata elettorale se alle prime elezioni nessuno partito o coalizione di partito ottiene almeno il 35% dei voti; riconosce un premio di maggioranza e la possibilità di controllare la Camera, nominando tra il 53 e il 55% dei deputati, al partito (o coalizione) che ottiene il 35% dei voti.

 

Stabilisce inoltre che i deputati non saranno eletti direttamente dai cittadini in quanto si conferma la presenza di liste bloccate, e quindi, la formazione, da parte del segretariato di ogni partito, di liste di candidati in ogni circoscrizione elettorale, ai quali gli elettori potranno solamente concedere -votando a favore di un partito- un tacito voto di approvazione, senza possibilità di fare proposte o esprimere preferenze alternative.

 

Restano quindi -almeno per il momento- completamente disattese le numerose manifestazioni popolari che negli ultimi anni sono state dirette, tra gli altri mali, contro due aspetti dell’attuale legge elettorale e sostanzialmente confermati in questa riforma.

 

In primo luogo, il premio di maggioranza, che dà il controllo del Parlamento e la possibilità di formare un Governo a un partito che ottiene poco più di un terzo dei voti (in un paese dove alle ultime elezioni l’astensione è stata del 22%).

 

E in secondo luogo, le liste bloccate, che espongono i deputati a ogni tipo di pressione politica e coercizione da parte del partito che li nomina discrezionalmente (spesso scegliendoli tra pregiudicati e altri personaggi con dei trascorsi poco puliti) e dalla cui decisione dipendono concretamente le loro future carriere politiche, il che di fatto li trasforma in delegati di partito e non in mandatari dei cittadini.

 

Di questo progetto -che sarà sottoposto ad un lungo periodo di discussioni parlamentari e modifiche- si prevede che il grande vincitore sarà il sistema bipolare, con due grandi partiti o coalizioni (centrosinistra e centrodestra) che con minime o quasi nulle differenze ideologiche e programmatiche si alterneranno al potere, lasciando fuori dalla scena politica i partiti più o meno minori e ignorando le speranze di legittimazione di un organo legislativo sempre più criticato per la sua mancanza di rappresentatività.

 

Nonostante tutti i cambiamenti che si potranno apportare durante il complesso iter parlamentare, il progetto di riforma già si identifica di per sé: una ratifica non troppo camuffata di vecchi schemi, stile il Pacto de Punto Fijo venezuelano, dove il diritto politico di un cittadino nasce, si sviluppa e finisce con una «X» su un simbolo vuoto che formalmente conferisce legittimità a una casta politica alienata e perpetratasi nel potere, e che -con modifiche di facciata e alleanze tra «rottamatori» e «rottamati»- è riuscita a imporre nella società l’idea che più partiti politici sono non solo condizione necessaria ma anche condizione sufficiente per far parte del cosiddetto mondo democratico.

 

di Vincenzo Basile, per Cubadebate

 

3 Commenti

Commento all'articolo
  1. Marcello

    E non finisce qui!

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    • Vincenzo Basile

      Non finirà mai!

      Rispondi     

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